Il primo nome del 3×3 era streetball, il “basket di strada” che richiamava quello dei campetti di Harlem, dei quartieri delle megalopoli americane, in cui si giocava con poche regole, tanta passione e non stop. Negli anni novanta, la Federazione ancora non aveva capito le potenzialità di questo sport che proprio nell’estate 2021 è entrato nel programma olimpico. In realtà, mancando i campetti all’aperto, in Sicilia non si giocava nemmeno così spesso come oggi. A Catania, il primo vero playground nasce nel giugno 1997 a piazza Nettuno, complice la forte volontà di Enzo Molino e Pippo Vittorio della Grifone che trovarono un interlocutore nell’assessore Antonio Guarnaccia, a cui oggi quel campetto è dedicato.
«Non ci giocavamo spesso – ricorda Deborah Celi, in quel periodo playmaker della Costa Catania –. Ogni tanto, tornando dal mare, ci fermavamo a piazza Nettuno. Ogni tanto ci allenavamo nel 3 contro 3, ma al palazzetto. Solo in seguito iniziò il Trofeo del Meridione, il torneo organizzato da Donatella Fiusco». «Andavamo al campetto alle 11 di sera d’estate – fa eco Gabriella Serafica, pivot della squadra etnea –, con Andrea Sparti e Fabrizio Lonatica… al massimo eravamo una decina-quindicina, giocavamo a turno».
Un anno dopo l’inaugurazione, il circuito polisportivo nazionale dell’Adidas Streetball Challenge fa tappa proprio al lungomare di Catania e sul costone di roccia lavica si organizza un torneo. Protagoniste sono la play e la pivot della Costa, più un’altra loro compagna, l’ala mancina Rosanna Patara. Una catanese, una tarantina e una viterbese che vivono all’ombra dell’Etna e amano la pallacanestro. «Ci siamo iscritte per puro divertimento – ricorda Celi –, ma con una squadra bene assortita. Sia Rosanna che Gabriella erano buone tiratrici». La vittoria della fase locale è un gioco da ragazzine.
A quel punto, arriva la chiamata di Ester Pacchiano, guardia-ala reggina che veste la maglia dell’Olimpia Patti. «Con Gabriella e Rosanna abbiamo giocato assieme a Trapani, mentre Deborah me l’hanno presentata loro – racconta –. A Reggio si stava organizzando la tappa di qualificazione per le finali nazionali e ho proposto loro di giocare insieme: abbiamo asfaltato le avversarie. Era una festa dello sport per la mia città». Dominata anche la seconda fase, si stacca il biglietto per le finali nazionali a Milano, organizzate all’interno del Castello Sforzesco.
«Era un’iniziativa personale – aggiunge Patara –, certamente bella e divertente, ma a quel punto ci serviva uno sponsor per poter partire. Contattammo così Melo Raciti del lido “Le Capannine”, che ci sponsorizzò pagandoci il volo e fornendoci le magliette». «Sulle magliette abbiamo fatto stampare una scritta sul sole siciliano, ne portammo qualcuna in più e andarono a ruba!» aggiunge Deborah Celi.
Dunque si parte: a fine giugno 1998 quattro ragazze del sud arrivano alla stazione di Milano dopo un interminabile viaggio in treno e iniziano una tre giorni di divertimento. «Eravamo come Totò e Peppino a Milano, ci guardavamo intorno stupite» ride Gabriella. «Sembravamo delle zingare, con le scarpe da tennis e la canottiera, buttate sull’erba…» scherza ancora Ester.
Il torneo è una marcia trionfale della squadra partita da Catania e Reggio: il titolo nazionale è loro senza conoscere l’onta della sconfitta. Non è ancora uno scudetto, ma chissà che un giorno non si provi a inserirlo in un albo d’oro inclusivo di questi tornei nazionali nati prima che la FIP si interessasse al 3×3. Qualche premio però è arrivato: una targa dall’organizzazione e una dal sindaco di Catania.
«È stato uno scudetto e gli abbiamo anche dato meno importanza di quello che era, una bellissima esperienza» prosegue Rosanna. «Siamo arrivate fino alla fine inaspettatamente senza fare attenzione al risultato» parla Deborah. «Mentre le altre squadre erano concentrate – riflette Gabriella – noi la sera uscivamo perché avevamo voglia di divertirci». «Sembravamo dei mostri scesi sulla terra – descrive Ester –: eravamo in forma, una potenza, creavamo scompiglio e tutti ci fecero i complimenti. Segnavamo da casa nostra e le abbiamo battute tutte, sempre devastanti pur giocando dalla mattina alla sera. Dopo la partita, ci buttavamo sull’erba a goderci il momento». Tra le avversarie, c’era anche una giovane Silvia Gottardi, che avrebbe poi firmato per Priolo e oggi è commentatrice tv.
Il contorno faceva la differenza. «Era organizzato davvero bene – prosegue Celi –. Radio Deejay metteva la musica, c’era un sacco di gente, un palco gigante, l’animazione, davano gadget. L’Adidas spopolava». «Ricordo le telecamere di TMC2, le telecronache di Giacomo Ciccio Valenti e che mi intervistò Bruno Arena de “I Fichi d’India”, appassionato di basket – aggiunge Serafica –. Ma la cosa più bella fu la festa di premiazione alla discoteca “Hollywood”. C’erano i modelli e le modelle pazzeschi che avevano partecipato alle sfilate, passò vicino a noi uno dei Backstreet Boys con tanto di scorta».
In quattro giorni tutto finisce, ma la squadra, di cui s’è perso il nome e su “La Sicilia” del 29 giugno 1998 viene chiamata semplicemente “Catania”, stacca anche il pass per la finale mondiale a Parigi. «Sì, ci hanno anche dato il pass per un torneo internazionale a Parigi, a cui però non siamo andate perché iniziavano le attività con le squadre di club», si rammarica Rosanna Patara. «Eravamo come sorelle, ma avevamo partecipato solo per divertirci – dice Serafica –. Andare in Francia significava un impegno economico notevole e avremmo dovuto sbatterci per trovare un contributo per partire. È stato bello così».
Com’era il 3×3, anzi lo streetball, 23 anni fa? «Per me ha preso piede per sviluppare le capacità dei singoli, d’altronde anche nel 5vs5 ci sono molti giochi a due e a tre» spiega la play Celi. «Era un po’ diverso da oggi – riprende la pivot Serafica, oggi istruttrice minibasket alla Ricciardi Taranto – perché bastava l’esperienza per vincere; oggi fa molto di più la prestanza fisica e la presenza degli specialisti».
Sabato, la Virtus Ragusa ha vinto un altro torneo nazionale 3×3 e questo sport conquista attenzioni sempre crescenti. Partendo però da molto lontano, da quelle serate alle 11 di sera a piazza Nettuno a Catania…
Roberto Quartarone
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