Il racconto dell’ex guida di Sport Club, Cstl e Leonardo… «Emozioni contro Varese, successi nella femminile»… «Alfa completa, miracoli a Gravina»…
È tornato una presenza fissa nelle partite di cartello, in tribuna, a osservare i giocatori più interessanti e a soppesare le tattiche dei suoi colleghi, malgrado non alleni più da un po’. Giacomo Vitale, già playmaker classe ’54, ha legato la sua carriera a Sport Club, Cstl Basket e Leonardo da Vinci, tre società che negli anni settanta-novanta erano protagoniste rispettivamente nell’attività maschile, femminile e giovanile.
«Ho iniziato con Carmelo Carbone alla Schweitzer – ci racconta –. Appena s’è sciolta, sono passato con Santi Puglisi allo Sport Club, facendo la trafila giovanile e arrivando poi in prima squadra. Sono arrivato lì per meriti, ci aveva visto bene Santi! Ero playmaker, non ero male. In Serie D ho giocato, qualcosa anche in C, sempre in prima squadra. Ma avevo davanti sempre una grande concorrenza: Famoso, Strazzeri, Lopresti. Le soddisfazioni sono state aver giocato contro la Mobilquattro Milano e l’Ignis Varese in Coppa Italia e aver vinto la Serie D. Della partita contro Varese, mi ricordo che all’allenamento precedente nessuno voleva fare contrasti per paura d’infortunarsi! E ricordo bene il palazzetto pieno: sono entrato in campo con Dodo Rusconi ed era fantastico vedere le tribune gremite. Qualche settimana dopo Puglisi se ne sarebbe andato via e sarebbe giunto Elio Alberti come allenatore».
Non ha mai registrato numeri straordinari, Vitale: giocava più per la squadra che per le sue statistiche, da playmaker tradizionale. I numeri ristretti sono anche complici di chi aveva davanti e dell’aver frequentato l’Isef a Palermo tra il 1974 e il 1977, che gli levò buona parte dell’attività degli ultimi anni di C dello Sport Club. «In più ho fatto anche il militare – prosegue –. Ma nel 1975 avevo preso il tesserino da allenatore con Famoso e così nel dicembre 1978 in Serie D Elio Alberti ha voluto che allenassi io lo Sport Club. Ho preso la squadra con lui che faceva da padre padrone e così è durata poco, ho fatto solo un paio di anni. Sono andato poi un anno all’Astra Stadium, già allenata da Tortora, e quindi Pippo Famoso mi ha chiesto di dargli una mano per la Cstl femminile. Era il 1981-’82. Ci alternavamo in panchina, abbiamo vinto la Serie C con Luana Squillaci, Antonella Sirianni, Mariella Seminara. In Serie B il presidente era Dupplicato e lo sponsor Teletna. Quell’anno per una partita non abbiamo fatto la Poule A».
Era l’inizio del primo periodo davvero esaltante per il basket femminile: dopo tanti anni di su e giù tra C e B di Polisportiva e Cstl, si preparavano le basi per l’approdo in Serie A2, ma non ci sarebbero stati né Famoso né Vitale in panchina. «Poco tempo dopo hanno esonerato Pippo e poi hanno trombato anche me durante il precampionato – ricorda Vitale –. In seguito mi ha contattato Alfredo Greco per andare alla Polisportiva, con cui ci siamo salvati in C. Era il 1989-’90, dopo di che ho smesso con la femminile».
Si è aperto così il capitolo più corposo della carriera di coach Vitale, che per un ventennio avrebbe lavorato all’attività giovanile del Leonardo da Vinci. «Mi ha chiesto di andare il prof. Di Maria – . Lui è una persona splendida, con cui lavoravo anche all’Isef. Ero responsabile del settore giovanile del Leonardo e presidente del Cna Catania. L’annata più bella che abbiamo avuto al Leonardo è stata l’80-81, con ragazzi per cui lo studio era importante ma avevano successo nello sport. Infine sia Di Maria che io siamo stati messi da parte dalla “ventata di novità” portate dal gruppo di Sangiorgio, Laneri e Messina. L’ultima amarezza ce la siamo presi quando è entrato Costantino Condorelli, che ha mandato a casa Di Maria e Cassisi, praticamente mettendo fine alla Polisportiva Leonardo da Vinci».
A quel punto, Vitale esce dal basket attivo per rimanere professore di educazione fisica e docente responsabile per il Ministero dell’Istruzione dell’aggiornamento dei colleghi per la pallacanestro… dunque spettatore più che “qualificato”. «Vengo a vedere le partite, ma con delusione per il gioco approssimativo di tante squadre. Mi è dispiaciuta molto la retrocessione dell’Alfa dello scorso anno, non vedevo qualcuno che giocasse con il sangue agli occhi. In generale mi dispiace però che non c’è la base, non so che succede nel passaggio dalle giovanili alle prime squadre. A Catania ci sono sempre stati proclami, ma pochi fatti».
Tra le squadre attuali, sicuramente sono Alfa e Gravina quelle che l’ex coach va a vedere con più assiduità. «La prima la trovo una team solido e completo in tutti i reparti: tanti giovani, panchina lunga, guidati da Guerra, in maniera attenta e sapiente. Sono una spanna sopra le altre compagini, ma occhio alla fase playoff, perché non è una squadra abituata a trovarsi sotto. Per la seconda, con il materiale che si ritrova, Marchesano sta facendo miracoli: qui panchina corta e con poca esperienza, frenesia, ricerca del tiro da tre e gestione della palla nei minuti finali hanno compromesso talvolta i risultati. Ma si salveranno tranquillamente».
Roberto Quartarone
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