Stati Uniti contro tutti!… Le vittorie dell’Urss, prima degli americani… Coach: Kanela davanti a tutti… Mvp e migliori marcatori…
Stati Uniti contro tutti! Rimane sempre questo, più o meno, il leit motiv dei Mondiali maschili di basket. Lo è sicuramente da sei edizioni, cioè da Toronto 1994, quando alla Nazionale a stelle e strisce fu concesso di mandare in campo i professionisti NBA, che già due anni prima alle Olimpiadi di Barcellona avevano fatto il loro esordio col botto. Da allora, cinque volte su sei sul podio; tre sul gradino più alto, comprese le ultime due manifestazioni, in Turchia nel 2010 e in Spagna nel 2014. Tanto favorita che l’unico insuccesso, capitato proprio nel torneo organizzato in casa, a Indianapolis 2002, era inevitabilmente destinato a fare più notizia di qualsiasi trionfo.
A questo predominio USA ha contribuito sicuramente la quasi contemporanea disgregazione dell’Unione Sovietica e della Jugoslavia; più della prima che della seconda, in verità. L’URSS, infatti, era andata sempre a medaglia in tutte le edizioni alle quali aveva preso parte, fino a Buenos Aires ’90, tranne la prima di Santiago del Cile nel ’59, quando – imbattuta e ormai sicura del primo posto – si era rifiutata per motivi politici di scendere in campo contro Formosa, trovandosi così relegata al sesto posto, per squalifica. Fino al ’90, tre ori, tre argenti e due bronzi; meglio degli USA, che di ori ne avevano conquistato uno in meno, ma con due presenze in più.
La Jugoslavia aveva riportato lo stesso bottino dell’URSS in nove partecipazioni su dieci (tre ori, tre argenti, due bronzi), ma anche quando si è ritrovata a rappresentare solo Serbia e Montenegro è riuscita a mantenersi ai vertici, aggiudicandosi i Mondiali del ’98 e del 2002, e balzando così temporaneamente in testa alla classifica. Sarebbe poi scomparsa anche la sigla Jugoslavia, e ci avrebbe pensato la sola Serbia a mantenere la buona tradizione (un quarto e un secondo posto), così come la Russia (due argenti) nei confronti dell’ex Unione Sovietica.
Diciamo allora che l’apertura ai prof da una parte e la mutata geografia politica dall’altra hanno fatto sì che, attualmente, gli Stati Uniti si ritrovino loro in testa al medagliere dei Mondiali, praticamente irraggiungibili. Sempre presenti in tutte e diciassette le edizioni, hanno finora totalizzato 5 ori, 3 argenti e 4 bronzi; mentre resteranno ferme alle loro spalle le ormai dissolte Jugoslavia (solo 2 bronzi in meno) e URSS (8 medaglie in tutto). Al quarto posto c’è il Brasile (che tra l’altro condivide il primato degli USA in fatto di presenze), con 2 ori, 2 argenti e 2 bronzi: sei medaglie ottenute nelle prime otto edizioni, ai tempi in cui i giocatori in maglia verde-oro rappresentavano il continente americano molto meglio che non i dilettanti – a volte addirittura amatori – della Nazionale statunitense.
Il periodo d’oro del Brasile, tuttavia, è stato sufficiente a sancire alcuni record individuali. Il primo riguarda l’allenatore Kanela, pseudonimo di Togo Renan Soares, che ha guidato la Nazionale carioca per vent’anni, dal ’51 al ’71, con un bilancio totale di 87 vittorie e solo 16 sconfitte. Nelle sue cinque panchine ai Campionati Mondiali (da Rio de Janeiro ’54 a Lubiana ’70) ha sempre conquistato una medaglia (due volte d’oro, due d’argento, una di bronzo), record che resiste ormai da mezzo secolo. Dietro di lui, in questa speciale classifica, Aleksandar Gomelskij, C.T. dell’URSS, che come Kanela può vantare cinque medaglie in cinque presenze, con lo stesso numero di ori, ma con un argento in meno e un bronzo in più. Al terzo posto, coach Mike Krzyzewski, abile condottiero degli NBA statunitensi per la conquista delle ultime due medaglie d’oro (2010, 2014) e del precedente bronzo (2006); ma, a scanso di facili sottovalutazioni, va ricordato come già nel ’90, in Argentina, era riuscito a portare sul podio (terzo posto) una banda di dilettanti di belle speranze.
Passando dagli allenatori ai giocatori, emerge la figura di Kresimir Cosic, grande protagonista in entrambi i ruoli, sia in squadre di club che, soprattutto, con la Nazionale della Jugoslavia. Quattro partecipazioni per lui ai Mondiali, da giocatore, e altrettante medaglie: oro nel ’70 e nel ’78, argento nel ’67 e nel ’74; primato solo eguagliato come vedremo. In più, però, Cosic può far pesare la medaglia di bronzo conquistata nell’unica edizione in cui era presente in veste di allenatore della Nazionale del proprio paese, nel 1986 in Spagna. Analoga impresa – sotto certi aspetti anche più eclatante – quella di un altro fuoriclasse, il sovietico Sergej Belov. Con le sue doti di formidabile tiratore ha trascinato l’URSS alla conquista di due ori, un argento e un bronzo, nelle sue quattro presenze “mondiali”, dal ’67 al ’78. E sul podio sarebbe tornato altre due volte (argento in entrambe) come allenatore della Russia nel ’94 e nel ’98, cioè nelle prime due edizioni in cui non era più presente l’Unione Sovietica.
Altri due giocatori hanno raggiunto il record di quattro medaglie. Sono i brasiliani Amaury (Antonio Pasos) e Wlamir Marques, che hanno avuto la fortuna – a parte le loro indiscusse qualità – di vivere quel periodo d’oro di cui si parlava prima. Entrambi argento nel ’54, oro nel ’59 e nel ’63, è poi arrivato un bronzo per Amaury nel ’67, e un altro argento per Wlamir nel ’70. Giocatori simbolo per il Brasile, i loro nomi figurano nell’elenco degli MVP, rispettivamente nel ’59 e nel ’63.
La rappresentativa che ha avuto più volte un suo giocatore premiato come MVP è stata la Jugoslavia, in 6 edizioni: Ivo Daneu nel ’67, Dragan Kicanovic nel ’74, Drazen Dalipagic nel ’78, Drazen Petrovic nell’86, Toni Kukoc nel ’90, Dejan Bodiroga nel ’98. Seguono gli Stati Uniti con 4: Kirby Minter nel ’54, Shaquille O’Neal nel ’94, Kevin Durant nel 2010, Kyrie Irving nel 2014. Una sola volta per: Argentina (Oscar Furlong, ’50), URSS (Sergej Belov, ’70), Panama (Rolando Frazer, ’82), Germania (Dirk Nowitski, 2002), Spagna (Pau Gasol, 2006).
Grandi nomi, come quelli dei giocatori inseriti, a ogni edizione, nel miglior quintetto ideale. Sono tanti, ovviamente. Qui ricordiamo solo il brasiliano Oscar Schmidt, unico eletto ben tre volte (’78,’86,’90); a quota due ci sono, oltre ai già citati Amaury, Wlamir, Cosic, Kicanovic, Gasol, anche i sovietici Paulauskas e Tkacenko, l’argentino Ginobili, il serbo Teodosic.
Il miglior marcatore in assoluto è stato il brasiliano Oscar, con 34,6 di media al Mondiale del ’90 in Argentina. Nella edizione precedente dell’86 in Spagna, il greco Nikos Galis aveva toccato quota 33,7. Era quella la prima volta in cui il Mondiale si giocava col “tiro da tre”. In precedenza, era stato il messicano Arturo Guerrero a salire più in alto (27,0 di media) nel ’74, seguito a un passo dal cecoslovacco Kamil Brabenec quattro anni dopo.
Nunzio Spina
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