I numeri dei Mondiali di basket
USA e Brasile assidui, Italia a metà

La cadenza: random o quadriennale?… Le partecipanti: da 10 a 32… L’Egitto: europeo o africano?… Italia 9 presenze, wild card inclusa…

Il manifesto del 4° Campionato Mondiale di basket maschile, torneo ospitato per la seconda volta a Rio de Janeiro nel gigantesco stadio coperto Maracanãzinho (dal sito “elpais.it”).

Tutto pronto in Cina per i diciottesimi Mondiali maschili di basket; partenza il 31 agosto, arrivo il 15 settembre. È la seconda edizione con la nuova sigla “FIBA World Cup”, entrata in vigore con Spagna 2014. La data fa balzare agli occhi la novità dell’intervallo trascorso: non i consueti quattro anni, ma uno in più, onde evitare la concomitanza con i Mondiali di calcio. Ripartendo col ciclo quadriennale, la prossima edizione è già programmata per il 2023, e sarà ancora il continente asiatico a ospitarla, stavolta in tre nazioni (Filippine, Giappone e Indonesia) e non più in una sola, come si è sempre verificato finora nella storia della competizione.

Sono trascorsi sessantanove anni dal debutto (Argentina, 1950); a quei tempi, più che una sola nazione, bastava una sola città ad accogliere tutti gli incontri: nella circostanza, Buenos Aires. Dopo l’edizione brasiliana di Rio de Janeiro (1954), venne subito disattesa la scadenza quadriennale, a causa di ritardi organizzativi della successiva città designata, Santiago del Cile, che chiese e ottenne di sforare nel gennaio del 1959. Si poteva tornare subito in carreggiata con l’appuntamento successivo, ma motivi politici negarono l’organizzazione delle Filippine nel dicembre del ’62, e si restò così negli anni dispari per altre due edizioni: ancora Rio de Janeiro nel ’63, Uruguay nel ’67. Dopo di che, da Lubiana 1970 (primo approdo in Europa) a Madrid 2014, il ciclo quadriennale degli anni pari è stato sempre rispettato.

La Nazionale brasiliana è stata sempre presente, al pari di quella statunitense, in tutte le edizioni dei Mondiali finora disputate. Nella foto, un quintetto della rappresentativa che vinse l’oro a Rio ’63: da sinistra, Victor, Amaury, Sucar, Rosa Branca, Wlamir (dal sito “esportes.estadao.com”).

Il torneo si disputa in Asia per la terza volta, dopo quello delle Filippine nel ’78 e del Giappone nel 2006. Sotto questo aspetto, il continente americano deterrà il primato ancora per un po’: con le sue nove edizioni (le prime cinque tutte in America del Sud) è infatti nettamente avanti rispetto all’Europa, che segue a quattro lunghezze. Oceania e Africa, non ancora pervenute… Argentina, Brasile e Spagna sono le nazioni che hanno ospitato due volte il Mondiale, ed entrambe le volte sono state Buenos Aires, Rio de Janeiro e Madrid, rispettivamente, le città che hanno deciso le sorti del torneo. L’Italia non ha avuto ancora l’occasione – e l’onore – di entrare in questa galleria.

Il prossimo Mondiale in Cina si presenterà già con un record: il numero delle squadre. Per la prima volta si parte con ben 32 rappresentative nazionali, che verranno suddivise in otto gironi di qualificazione e altrettante sedi. Sono otto in più rispetto a Spagna 2014; la formula delle 24 squadre resisteva da tre edizioni, e per la verità aveva avuto un precedente (senza seguito immediato) in quella del 1986, la prima disputata in terra spagnola. Si era iniziato con le 10 di Buenos Aires ’50, e a poco a poco il numero era andato aumentando fino alle 16 di Indianapolis 2002 (a parte la momentanea impennata dell’86).

Lo smembramento dell’Unione Sovietica e della Jugoslavia nei primi anni novanta ha sicuramente influito sulla necessità di allargare il numero delle squadre partecipanti, anche perché la concorrenza non ne è uscita affatto sminuita. Da una parte, la Russia si è mantenuta su posizioni di prestigio, mentre emergeva la Lituania e faceva la sua comparsa l’Ucraina; dall’altra, la Jugoslavia di Serbia e Montenegro era ancora capace di salire sul gradino più alto del podio, con Croazia, prima, e Slovenia, poi, pronte a dire la loro.

La Nazionale azzurra a Lubiana ’70, terza partecipazione consecutiva dopo Rio ’63 e Montevideo ’67: da sinistra, Cosmelli, Rusconi, Giomo Giorgio, Recalcati, De Rossi, Flaborea, Zanatta, Bisson, Bariviera, Errico, Meneghin (manca Masini) (dal periodico “Basket, 1970”).

Col tempo, si è favorito anche una distribuzione più equa nella partecipazione dei vari continenti; e se questa iniziativa poteva inizialmente rispondere ad esigenze di natura, diciamo così, “geopolitica”, ultimamente ha tenuto conto dell’obiettivo progresso tecnico fatto registrare in aree dapprima considerate cestisticamente arretrate. Nella prima edizione in Argentina, delle dieci partecipanti, sei appartenevano al continente americano, le restanti a quello europeo, compreso l’Egitto, che tanto sentiva questa appartenenza d’avere l’anno prima organizzato in casa (e vinto) la sesta edizione del Campionato Europeo.

Le prime rappresentative asiatiche a entrare in scena sono state quelle di Formosa (Taiwan) e delle Filippine, a Rio de Janeiro ’54; quest’ultima, peraltro, vi conquistò quella medaglia di bronzo che sarebbe rimasta a rappresentare l’unico podio asiatico. Per l’Oceania bisognò attendere Lubiana ’70, dove si presentò l’Australia. Quanto all’Africa, se non si vuole considerare un vero debutto quello della Repubblica Araba Unita (praticamente ancora l’Egitto) a Santiago del Cile ’59, bisogna andare avanti a San Juan di Portorico ’74, dove fece la sua comparsa (perdendo tutte le partite) la Repubblica Centrafricana. Nel Mondiale in Cina – tanto per risaltare questa mutata ridistribuzione geografica – ci saranno: 12 rappresentative dell’Europa, 7 dell’America, 6 dell’Asia, 5 dell’Africa, 2 dell’Oceania.

Va ricordato che nelle prime edizioni dei Mondiali, soltanto l’Europa e l’America (anzi, per essere più precisi, la sola America del Sud) aveva utilizzato il proprio torneo continentale per decretare la qualificazione; altre rappresentative, invece, usufruivano di un invito. Con gli anni, la partecipazione, diciamo così, “gratuita” ha lasciato sempre più spazio a quella ottenuta con i risultati sul campo, tranne qualche eccezione, contrassegnata negli ultimi tempi dalla “wild card”, eufemismo anglofono per indicare un ripescaggio.

Madrid, 2014. Allenatore e giocatori USA assaporano già la conquista dell’ultima medaglia d’oro: da sinistra, coach Mike Krzyzewski, James Harden, Anthony Davis (dal sito “newobserver.com”).

Nelle sue passate otto partecipazioni ai Mondiali, la Nazionale italiana ha ottenuto quattro volte la qualificazione sul campo (grazie a buoni piazzamenti agli Europei) e quattro volte ha utilizzato l’invito (o wild card che dir si voglia). In compenso, ha anche rinunciato (Mondiale del ’50 e dell’82) quando ne aveva diritto.

Il record di partecipazione spetta a Stati Uniti e Brasile, sempre presenti in tutte e diciotto le edizioni (compresa quindi la prossima). Segue l’Argentina, con quindici presenze; a tredici, Portorico e Jugoslavia (per quest’ultima, sono comprese le tre in cui la rappresentativa era formata solo da giocatori di Serbia e Montenegro; poi la Serbia ha aggiunto le sue due presenze); undici la Spagna; nove l’Unione Sovietica.

Per l’Italia, quella in Cina sarà la nona presenza, quindi una partecipazione al cinquanta per cento, finora. Latitante nelle prime tre edizioni, ha poi preso parte alle successive tre (Rio de Janeiro ’63, Montevideo ’67, Lubiana ’70); da quel momento, è andata avanti a corrente alternata: Manila ’78, Madrid ’86, Buenos Aires ’90, Atene ’98, Saitama ’06. Ritorno in Cina, sulla ribalta mondiale, dopo gli ultimi due forfait.

 

Nunzio Spina

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