Un sogno che diventava realtà… Grandi cose per una nazionale con tanti esordienti… Due grandi partite, due sconfitte: Usa e Lituania…
Fabio Di Bella è nato a Pavia, il 13 dicembre 1978. Il suo è stato uno degli esempi più belli di come un cestista possa arrivare in Nazionale anche in età matura (lui a 28 anni) e riuscire a essere protagonista. Aveva cominciato a giocare nella squadra di Siziano, paesino dell’Alto Pavese, dove era presidente papà Aldo, siciliano di origine; fino a 22 anni rimase là, tra serie D e serie C. Poi il primo importante salto, in serie B a Pavia, ottenendo poi la promozione in Lega Due. Col trasferimento a Biella arrivò, a 24 anni, l’esordio nella massima serie, dove è rimasto per un decennio, vestendo anche le maglie della Virtus Bologna, dell’Olimpia Milano, della Juve Caserta e della Sutor Montegranaro. Play-maker di 1,86, con innate qualità fisiche di velocità e destrezza, quelle tecniche (difesa, entrate a canestro, tiro da fuori) sono cresciute man mano che scalava il livello dei campionati. Fu durante la sua militanza a Bologna che Carlo Recalcati lo convocò nella Nazionale maggiore, in vista dei Mondiali in Giappone del 2006, dove Fabio fece il suo esordio ufficiale. Grazie alle buone prestazioni di quel torneo, l’anno dopo guadagnò una candidatura al premio della FIBA Europe “Player of the year”. La parentesi in azzurro si concluse con l’Europeo del 2007 in Spagna. La sua carriera di giocatore è proseguita fino alla stagione appena conclusa, nella sua Pavia in serie B, dove è tornato dopo un lungo giro (Brescia, Legnano, Mantova, Casale). Già pronto a dedicarsi a tempo pieno, nelle vesti di dirigente e di allenatore, alla società di basket giovanile da lui fondata assieme al papà, “Here You Can”, che conta oggi più di 1200 ragazzi.
«Un sogno! Il Mondiale in Giappone del 2006 fu per me veramente un sogno che diventava realtà! Quando coach Recalcati mi disse che avrei fatto parte di quella Nazionale non sapevo proprio come trattenere la mia gioia… Non ci credevo? No, no, ci credevo, eccome! Era una meta che volevo raggiungere, l’avevo sognata sì, ma l’avevo anche inseguita “da sveglio”, col sacrificio, con l’umiltà, con la voglia di arrivare a qualcosa di importante… Avevo 28 anni; e quando molti miei coetanei giocavano nelle Nazionali giovanili, io calcavo ancora i campi della serie D… Quella maglia azzurra che mi sono messo addosso la sentivo sulla mia pelle non come un regalo, ma come un qualcosa che mi ero meritato…».
«Sapevo che quella era la mia grande occasione, che in quell’estate avrei vissuto un’esperienza sicuramente irripetibile… Ecco perché ho cercato di viverla al massimo dell’impegno e dell’entusiasmo; dovevo dare tutto, anche perché da un momento all’altro l’incantesimo poteva finire, e chissà poi in futuro… Da questo punto di vista, ancora oggi ripenso a tutto senza alcun rammarico, anche alla sconfitta con la Lituania che ci ha eliminato agli ottavi… Quella Nazionale un po’ inventata da Recalcati, eterogenea, con molti debuttanti come il sottoscritto, è riuscita a fare grandi cose, soprattutto è riuscita a fare emozionare, a tenere incollati i nostri tifosi davanti la TV alle ore più impensabili… E questo credo che, al di là del risultato finale, sia stato motivo di soddisfazione per tutti noi, o almeno per me…».
«In Giappone abbiamo affrontato tutte le partite con la giusta mentalità, lottando su ogni pallone, e così abbiamo trovato subito la chiave giusta per vincere le partite, magari senza esprimere un gioco spettacolare… Abbiamo battuto tutte le avversarie del nostro girone di Sapporo, tranne gli Stati Uniti; ma se dovessi scegliere la partita della mia vita, direi che è stata proprio quella sconfitta… Eravamo carichi, avevamo vinto le prime tre, e anche se il pronostico era proibitivo per noi, non volevamo lasciare nulla di intentato… Mi emoziono ancora a pensare che io giocavo contro quei campioni della NBA (LeBron James, Carmelo Anthony, Dwyane Wade, Chris Paul) che vedevo tutti i giorni nei poster della mia camera… Se il Mondiale era una grande occasione, quella partita contro gli USA era l’avvenimento da vivere più intensamente, istante per istante: è stato bellissimo, siamo riusciti a giocarcela fino in fondo, e io ero felice di aver fatto la mia parte (20 minuti, 12 punti, il suo diretto avversario Paul solo 5, n.d.r.)…».
«Abbiamo fatto una grande partita anche contro la Lituania, che era un po’ la nostra bestia nera, e come ho già detto non mi è rimasto alcun rimpianto per questa sconfitta che non ci ha permesso di andare avanti. È stato giusto così… Certo, il nono posto finale non era un piazzamento di cui si poteva andar fieri, ma alla fine di quei tre mesi vissuti in Nazionale tutti noi abbiamo avuto la sensazione di essere stati comunque partecipi di una bella avventura…»
a cura di
Nunzio Spina
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