The Rim Breaker… 216 cm di stazza, inarrestabile sotto i tabelloni… La figura dominante… MVP a Toronto, inizio di una lunga serie di successi…
Fece irruzione nel Mondiale canadese del ’94 così come era solito entrare a canestro: a valanga! C’era una percentuale di muscoli esagerata in quei suoi due metri e 16 di stazza, quindi roccioso nel conquistare gli spazi, potente nei movimenti con la palla, inarrestabile sotto i tabelloni. L’appellativo che si guadagnò, “the rim breaker” (demolitore di canestri), sintetizzava alla perfezione. Erano tutte star NBA nella formazione statunitense che travolse ogni avversario in quel campionato, ma lui, Shaquille O’Neal, risultò di gran lunga la figura dominante.
Aveva ventidue anni, e per la prima volta vestiva la maglia della Nazionale a stelle e strisce. Nelle ultime due stagioni si era già messo in mostra con le sue doti fisiche e atletiche nelle file degli Orlando Magic (prima delle sei squadre professionistiche in cui avrebbe militato); la schiacciata impetuosa – da rompere il canestro, come fece in più occasioni – fu il suo biglietto da visita. Di un centro come lui aveva bisogno coach Don Nelson, CT della Nazionale, per dimostrare che con validi giocatori NBA (anche se non si chiamavano Michael Jordan, Larry Bird o Magic Johnson) era in grado anche lui di allestire un “Dream Team”, come quello che due anni prima aveva meravigliato alle Olimpiadi di Barcellona.
La risposta di “Shaq”, sul campo, fu davvero superiore a ogni aspettativa. I numeri del resto parlarono chiaro, collocando il suo nome al primo posto della squadra, sia come rimbalzista che come realizzatore (con percentuale altissima nei tiri da due). Insomma, un autentico trascinatore in quel percorso netto di partite vinte (tutte stravinte!), cominciato a Hamilton contro la Spagna e concluso a Toronto nella finale con la Russia (137 a 91). La giuria di esperti non ebbe la minima esitazione nell’assegnarli il premio come MVP del torneo.
Fu praticamente l’inizio di una lunga serie di successi. Intanto, con la Nazionale sarebbe arrivata un’altra medaglia d’oro, ai Giochi Olimpici di Atlanta del ’96, con quello che fu ribattezzato – con poca fantasia, ma estrema efficacia – “Dream Team III”, dopo che la seconda attribuzione della serie se l’era meritata la formazione dei Mondiali in Canada. Nel campionato professionistico statunitense Shaquille collezionò un titolo NBA dietro l’altro: tre con i Los Angeles Lakers nei primi anni duemila, uno nel 2006 con la maglia dei Miami Heat. E poi ancora basket al massimo livello con i Phoenix Suns, con i Cleveland Cavaliers e con i Boston Celtics, prima del suo ritiro alla soglia dei quarant’anni.
Rimasto sulla scena cestistica da commentatore televisivo, ha reso celebre anche una sua rubrica, “Shaqtin’a Fool”, nella quale seleziona e descrive le giocate più comiche del campionato NBA (tra cadute, svarioni e clamorosi errori), con la colonna sonora della sua larga risata. Ogni tanto vi inserisce le immagini di un cestista del recente passato che con i tiri liberi proprio non riusciva ad avere un buon rapporto, al punto che i suoi tentativi dalla lunetta sfociavano a volte nel ridicolo. Il giocatore in questione è proprio lui; la colonna sonora… è sempre quella!
Nunzio Spina
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