«Emozioni fortissime»… Le inattese conseguenze dello stop con il Brasile… La seconda parentesi con Ettore Messina…
Davide Cantarello è nato a Mestrino (PD), il 10 maggio 1968. Fu Bogdan Tanjevic a prelevarlo a 19 anni dalla Virtus Padova per inserirlo, da pivot, nella sua banda di “ragazzi terribili” di Trieste: doppia promozione, dalla B alla A1, prima del trasloco dello sponsor Stefanel a Milano, dove con l’Olimpia arrivarono, nella stagione ’95-’96, la Coppa Italia e lo scudetto. Nel frattempo, tra Trieste e Milano, c’erano state due (sfortunate) finali di Coppa Korac. Dall’età di 30 anni è praticamente cominciata una seconda lunga stagione da giocatore, che lo ha visto vestire la maglia di Cantù, di Udine (per ben sette stagioni), di Jesi, di Latina e di Monfalcone, per poi chiudere di nuovo a Trieste. Fisico robusto, 2 e 14 di altezza, ha ottimamente interpretato il ruolo del pivot al servizio della squadra, riempiendo il suo “scout” di rimbalzi, di stoppate, di palle recuperate, rivelandosi una vera e propria roccia difensiva. Esordio in Nazionale a 20 anni, nel febbraio dell’88, a Ginevra, per una amichevole con la Svizzera; a convocarlo fu Sandro Gamba, che poi lo chiamò per i Mondiali in Argentina del ’90. Parentesi azzurra che si è protratta con Ettore Messina fino al ’94, con una medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo dell’anno prima. Entrato da allenatore nel Settore Squadre Nazionali, Cantarello è attualmente assistente di Antonio Bocchino nella rappresentativa Under 18 maschile.
«Una grande avventura! Li ricordo così i Mondiali del ’90 in Argentina… Da tempo sognavo di vestire la maglia della Nazionale in una competizione importante, e in quell’estate – grazie anche alla indisponibilità di qualche titolare – capitò l’occasione giusta. Per la prima volta andavo nel continente americano, dove tra l’altro eravamo attesi anche dall’impegno dei Goodwill Games a Seattle… Giocare negli Stati Uniti, e contro gli Stati Uniti, fu già un’emozione fortissima; un preludio dell’atmosfera ancora più magica che avremmo trovato qualche giorno dopo, appunto, sbarcando a Buenos Aires, con la comunità italiana pronta a festeggiarci…».
«Ero talmente felice di essere stato convocato da coach Gamba (un allenatore a cui devo tantissimo) che la frattura del naso – rimediata proprio in una partita dei Gooodwil Games – fu per me un semplice contrattempo. Il dolore lo sentii, eccome, ma non potevo tirarmi indietro… Ringrazio ancora Sandro Galleani, massaggiatore tuttofare, che quella volta mi costruì praticamente con le sue mani (non so come!) una maschera protettiva, indossata poi per le partite del Mondiale, permettendomi comunque di scendere sempre in campo e di cercare di dare il massimo contributo possibile (un contributo di tanti rimbalzi, del maggior numero di palle recuperate, di un 12/13 sui tiri liberi, n.d.r.)…».
«Certo, non è stata una bella sensazione quella di avere mancata la qualificazione solo per differenza punti, arrivando primi nel girone assieme a Brasile e Australia… Ma questo fa parte delle regole del gioco e delle formule dei tornei, che vanno comunque accettate… Chi avrebbe mai pensato che quella sconfitta iniziale col Brasile sarebbe stata così decisiva, compromettendo tutto? Eppure, è andata così. E pur vincendo tutte le altre partite ci siamo dovuti accontentare del nono posto! Tutto serve da insegnamento, soprattutto per convincersi che per ottenere un risultato bisogna fare affidamento solo sulle proprie forze, e non aspettarsi favori da nessuno…».
«Al di là del rammarico per il risultato finale, per me – ripeto – si è trattato di una bellissima avventura, mi sono portato a casa tantissime cose positive… E credo che così sia stato anche per i miei compagni, soprattutto i tanti debuttanti come me. Tutti ci rendevamo conto che quella era un’occasione particolare, da non lasciarci sfuggire; per questo, nonostante la delusione per la mancata qualificazione, ci siamo compattati e abbiamo giocato tutte le restanti partite con grande impegno; non era così scontato che dovessimo vincerle tutte…».
«Il bel ricordo di quel Mondiale è dovuto anche al fatto che, dopo, non ho avuto più possibilità di partecipare a competizioni così importanti in maglia azzurra, un po’ per il ritorno dei titolari, un po’ per i vari infortuni che non mi hanno più permesso di allenarmi con continuità e a ritmi intensi… Comunque ho avuto il piacere e l’onore di entrare anche nell’era di Ettore Messina, disputando un torneo preolimpico e una edizione dei Giochi del Mediterraneo nel ’93, dove abbiamo conquistato la medaglia d’oro. Insomma, posso dire che qualche soddisfazione in maglia azzurra me la sono presa; che poi, per essere felice, mi bastava indossarla, quella maglia…».
a cura di
Nunzio Spina
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