Buon compleanno a un coach vincente… «Un evento più unico che raro»… L’atteggiamento dei brasiliani… Un mondiale strano ma utile…
Sandro Gamba è nato a Milano, il 3 giugno del 1932. Aveva vestito l’azzurro già da giocatore negli anni tra il ’55 e il ’60 (due Europei e le Olimpiadi di Roma), quando ancora l’Italia non partecipava ai Campionati Mondiali. Nella sua successiva lunga carriera da allenatore della Nazionale avrebbe avuto la possibilità di partecipare al Mondiale dell’82 in Colombia (per il quale aveva guadagnato la qualificazione col quinto posto agli Europei dell’anno prima a Praga), ma la Federazione decise di rinunciare. Il suo primo e unico Mondiale fu quello del 1990, in Argentina, anche questo guadagnato sul campo con lui in panchina, grazie al quarto posto agli Europei dell’89 a Zagabria. Era il secondo capitolo dell’era-Gamba alla guida della Nazionale. Nel primo, dall’80 all’85, aveva preso parte a due Olimpiadi (argento a Mosca ’80) e a tre Europei (oro a Nantes ’83, bronzo a Stoccarda ’85); il secondo, iniziatosi nell’89, si sarebbe concluso l’anno dopo dei Mondiali in Argentina, con gli Europei di Roma del ’91 (argento). Nel 2006 è entrato nella Naismith Hall of Fame degli allenatori, seguendo anche in questo le orme del suo maestro Cesare Rubini.
«Volete che vi spieghi come si fa ad arrivare al nono posto in un Mondiale vincendo nove partite e perdendone solo una? Cioè quello che è successo a noi nel ’90 in Argentina? Sinceramente vorrei ancora che qualcuno lo spiegasse a me! Non so se si è verificata altre volte una situazione del genere; credo che si tratti di un evento più unico che raro! Cosa volete che vi dica? Sono gli scherzi delle formule strane, e quella volta c’è stata una tale combinazione di fattori sfavorevoli che ha avuto davvero del paradossale… Praticamente, è bastato perdere la prima partita col Brasile per rovinare tutto; con le formule in vigore oggi, di partite se ne potrebbero perdere anche più di una e magari poi vincere il torneo…»
«Sinceramente, il sospetto che il Brasile avesse poi giocato per non vincerla apposta la partita con l’Australia a me è rimasto! Ero là in tribuna ad assistere: l’atteggiamento dei giocatori e dell’allenatore Helio Rubens non mi ha convinto per niente… Avessero giocato così con noi! Fatto sta che alla fine ci siamo ritrovati tutti e tre in testa a pari punti (con Brasile e Australia) e noi fuori per differenza canestri… Abbiamo avuto un bel da fare, io e il mio assistente Tonino Zorzi, a cercare di consolare i ragazzi, che piangevano per quell’incredibile mancata qualificazione…»
«Comunque, io sono rimasto molto soddisfatto di quel Mondiale… Avevo una squadra di emergenza, per via delle tante indisponibilità; otto giocatori su dodici erano alla loro prima esperienza in campo internazionale, qualcuno addirittura faceva il panchinaro in campionato… Cosa dovevo fare, se non potevo avere i titolari a disposizione? Mi sono arrangiato e ho allenato quelli che avevo… E devo dire che mi hanno ripagato; certo c’era un po’ di ingenuità, qualcuno era a disagio all’inizio, ma poi hanno dimostrato tanto coraggio in campo, e anche rabbia dopo quella ingiusta eliminazione… Hanno giocato ogni partita del girone di consolazione come se fosse una finale, soprattutto l’ultima contro la Spagna (106 a 83, n.d.r.), che proprio non si aspettava tanta combattività da parte nostra…»
«Antonello Riva era uno dei pochi veterani della squadra, e in quel Mondiale segnò tantissimo (più di 30 punti di media a partita, n.d.r.); ma tutti gli altri si rivelarono dei buoni realizzatori, qualcuno in maniera davvero inattesa… In quasi tutte le partite da noi vinte, e anche in quella persa col Brasile, abbiamo superato i cento punti…»
«C’è da dire che, pur essendo in Argentina, dove ci sono molti italiani, abbiamo giocato sempre in condizioni ambientali sfavorevoli… Probabilmente erano tutti a Buenos Aires; a Cordoba ce n’erano pochissimi, mentre a Salta, un posto sperduto nelle Ande, assistevano alle partite, sì e no, una ventina di spettatori, e non erano nostri tifosi… È stato proprio uno strano Mondiale, lontano dai riflettori, ma alla Nazionale è servito tanto: da quella squadra sono usciti giovani che avrebbero avuto un futuro in maglia azzurra, come Pittis e Pessina, a partire dall’Europeo dell’anno dopo a Roma, dove abbiamo conquistato l’argento…»
a cura di
Nunzio Spina
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