Dalla Siberia alla Hall of Fame… «Un americano nato per sbaglio in Russia»… Vittorie in tutte le competizioni, anche da coach…
Fu il primo giocatore non americano a entrare nella Hall of Fame di Springfield (istituita in onore di Naismith, nella città dove aveva inventato il basket); era il 1992. Sergej Belov, origini siberiane, giocatore simbolo dell’Unione Sovietica negli anni sessanta e settanta, vedeva così riconosciuta – più che una indiscussa bravura – la sua vicinanza al mondo statunitense; si era sempre detto di lui che era “un americano nato per sbaglio in Russia”! Nel 2007, l’ingresso nella Hall of Fame internazionale della FIBA avrebbe degnamente completato l’opera dei riconoscimenti, tenendo conto stavolta anche delle sue doti di allenatore e di dirigente.
Una vita per il basket, dunque, e una vita di successi. Talmente rappresentativo per lo sport del suo paese da essere scelto come ultimo tedoforo ai Giochi di Mosca ’80, consegnando così alla storia le immagini della accensione della fiamma olimpica. Da lì a qualche giorno avrebbe chiuso la sua carriera da giocatore, conquistando l’ennesima medaglia (forse la meno festeggiata delle tante che l’avevano preceduta).
La sua interpretazione del ruolo di guardia – particolarmente nel gioco d’attacco – raggiungeva livelli eccelsi: classe, eleganza, acuta visione di gioco, e soprattutto quel micidiale tiro in sospensione, sfruttando blocchi o “uno contro uno”, che lo facevano davvero apparire come un “americano” in mezzo a giocatori di tecnica inferiore. Fu con questi numeri che trascinò per due volte la sua squadra di club, il CSKA di Mosca, alla conquista della Coppa dei Campioni.
Il suo esordio in Nazionale venne subito bagnato da una medaglia d’oro: Mondiali di Montevideo nel ’67. Nelle tre edizioni successive, un bronzo a Lubiana ’70 (ma col valore aggiunto del titolo di MVP), un altro oro in Portorico nel ’74, un argento a Manila nel ’78. Quattro anche le sue partecipazioni olimpiche, con tre medaglie di bronzo e una medaglia d’oro, quella conquistata con la famosa (e molto discussa) finale di Monaco ’72, vinta col canestro all’ultimo secondo del suo omonimo, Aleksandr Belov, ma soprattutto con i suoi 20 punti su un totale di 51. Quanto agli Europei, sette partecipazioni e sette medaglie (di cui quattro d’oro).
Quando decise di tornare sulla scena da allenatore, si ritrovò la sola Russia, in seguito alla disgregazione dell’Unione Sovietica. Guidò la Nazionale ad altri successi, con lo stesso carisma che aveva mostrato da giocatore. Arrivarono due argenti ai Mondiali (Canada ’94 e Grecia’98) e un bronzo agli Europei (Spagna ’97). Nello stesso periodo fu anche presidente della federazione russa di basket. Cos’altro avrebbe potuto fare, prima di arrendersi a una malattia incurabile, all’età di 69 anni?
Nunzio Spina
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