La lunghissima carriera di Petrucci come dirigente sportivo… «Vogliamo la nostra rivincita!»…
Chiudiamo la lunga rassegna di testimonianze “azzurre”, nella storia degli Europei maschili di basket, con il presidente della FIP, Gianni Petrucci. Un contributo di ricordi, il suo, lontani e recenti, ma anche di impegno nel presente e di propositi per il futuro. Nei suoi mandati, Petrucci ha vissuto la partecipazione a cinque campionati europei: ’93, ’95, ’97, e poi 2013 e 2015; per non parlare di quelli in cui era presidente del CONI, edizioni dal ’99 al 2011. Se poi consideriamo il suo trascorso di segretario generale della FIP, tra il ’77 e l’85, possiamo dire che da quarant’anni (indubbiamente un record!) non è mai mancato il suo coinvolgimento nelle vicende del basket italiano.
Gianni Petrucci è nato a Roma, il 19 luglio 1945. Laureato in Scienze politiche con specializzazione in Diritto del lavoro, la sua carriera di dirigente sportivo si è svolta per lo più nell’ambito del CONI, a partire dai primi otto anni di attività nelle stanze della segreteria generale. Dopo una breve parentesi nella Lega Calcio, entrò nella FIP come segretario generale (dal ’77 all’85, come detto, periodo di presidenza di Enrico Vinci), per poi passare alla Federcalcio con lo stesso incarico. Nel ’92 iniziò il suo primo mandato di presidente della FIP, protrattosi fino al ’99, quando venne promosso alla presidenza del CONI. Rimasto su questi vertici per più di un decennio, nel gennaio del 2013 fu lui a rassegnare le dimissioni, subito dopo essere stato eletto nuovamente alla presidenza della Federbasket (dove nel frattempo si erano avvicendati Fausto Maifredi e Dino Meneghin). Nel dicembre scorso Petrucci è stato riconfermato – con larghissima maggioranza – a capo della FIP, e sotto questa veste si appresta a vivere l’avventura del suo sesto Europeo maschile di basket.
Già nel primo anno di presidenza FIP gli toccò prendere una decisione importante, nominando un nuovo allenatore per la Nazionale. Da qui parte la sua testimonianza.
“Il commissario tecnico della Nazionale, secondo me, è il maggior testimonial di una disciplina, insieme alla Federazione tutta. Tutti i commissari tecnici con cui ho collaborato nel tempo in Federazione sono degli splendidi allenatori e, senza offesa per nessuno, i migliori di tutti i tempi. Non sempre, però, sono le sole conoscenze tecniche a portare alla scelta di un CT. Ci sono le esperienze personali e le caratteristiche individuali, che meglio si sposano a un dato periodo storico”.
“Ho chiamato Ettore Messina in Nazionale dopo che non riuscimmo a qualificarci per i Giochi Olimpici del 1992. Fui eletto nel novembre di quell’anno e volevo dare quello che oggi viene chiamato segno di discontinuità. Non fu facile rinunciare ad un signor allenatore come Sandro Gamba, il più vincente di tutti in Nazionale, ma era come se nel 1991, a Roma, all’Europeo, con quel magnifico argento fosse anche finito un ciclo”.
“Ettore Messina aveva 33 anni, veniva dalla Virtus Bologna con cui aveva appena vinto lo scudetto, ed aveva la faccia giusta, le capacità adeguate a quel momento storico per avviare il cambio generazionale. Laureato in Economia e Commercio, affrontava il basket da nuove e più ampie angolazioni e con sensibilità più vicine ai giocatori che doveva allenare. Non ricordo se fu amore a prima vista, ma il dott. Messina è quello che mi piace definire un allenatore con giacca e cravatta: sa presentarsi e sa operare. Sì, con il dott. Messina iniziò un nuovo corso”.
Un nuovo corso, per il quale bisognava pagare necessariamente lo scotto di ripartire dalle retrovie. Un cammino di risalita che attraversò le dure tappe dell’Europeo in Germania nel ’93 e di quello di Atene nel ’95, prima di tornare a respirare l’aria fine del podio, nel ’97 a Barcellona.
“Mi piace considerare l’argento del 1997 come la sublimazione di quanto fatto nei quattro anni precedenti. Il nono posto dell’Europeo di Karlshrue nel 1993 fu una dura, ma necessaria presa di coscienza del lavoro che dovevamo compiere per essere protagonisti in Europa. Crescemmo e facemmo quelle esperienze che ci permisero di vincere. Mettemmo tutto in pratica all’Europeo di Atene del ’95, dove quel quinto posto ci diede certezze… Il gruppo dei giocatori, in numero più ampio di una squadra di dodici, cominciò a sviluppare una propria personalità, ad avere quello che si chiama l’istinto del killer: saper fare la cosa giusta al momento giusto, senza esitare. A Barcellona eravamo pronti: solo la Jugoslavia riuscì a fermarci in finale dopo otto vittorie. Bravi tutti!”.
“Ricordo più di un aneddoto: quando perdi rimuovi, quando vinci vorresti conservare tutto. In campo sicuramente il carattere degli azzurri, e Carlton Myers che è l’ultimo che si arrende alla Jugoslavia. Poi la visita, quasi a sorpresa, di Romano Prodi, all’epoca primo ministro, che riesce a ritagliare due sere dagli impegni ufficiali in Spagna per assistere alle partite. Infine, sicuramente, la commozione di Ettore Messina che per tanti motivi visse con un’intensità particolare quell’Europeo…”.
Intanto, si avvicinava per Petrucci la fine del primo mandato FIP, per andare a occupare nel ’99 la poltrona della presidenza CONI. Fece in tempo, tuttavia, a incidere in maniera determinante sulle sorti della Nazionale, dovendo nuovamente decidere sull’incarico di un nuovo allenatore. Il nome che venne fuori fu quello del montenegrino Bogdan Tanjevic: scelta coraggiosa, ma acuta, una eredità sulla quale sarebbero stati costruiti altri grandi successi.
“La rinuncia alla Nazionale di Ettore Messina non nacque dopo l’argento di Barcellona. Messina ci aveva informati alla fine del 1996. E non aveva ancora una squadra quando ce lo comunicò. Aveva la necessità, comprensibile, di andare tutti i giorni dell’anno in palestra e lavorare con la squadra. Boscia Tanjevic era un allenatore di grande spessore internazionale, che aveva vinto all’estero e che in Italia aveva fatto ottime cose prima a Caserta e poi a Trieste e Milano. Nel 1996 aveva vinto lo scudetto con l’Olimpia Milano, e poi gli piaceva, e gli piace, l’Italia. Tanjevic aveva il grande vantaggio di essere uno di noi, ma al contempo di saperci guardare dall’esterno”.
“Il seme piantato da Messina fu in parte raccolto da Tanjevic. Sei azzurri dell’argento di Barcellona erano a Parigi due anni dopo a vincere l’oro europeo e a qualificarsi a Sydney 2000. Un meraviglioso gioco di squadra anche fra allenatori, come deve essere. Nel frattempo, però, ero stato eletto Presidente del CONI. Fu meraviglioso accompagnare quella Nazionale ai Giochi Olimpici di Sydney 2000, ma questa è un’altra storia…”.
Al suo ritorno alla Presidenza della FIP, nel 2013, Petrucci trovò una Nazionale che, sotto la guida di Simone Pianigiani, e con l’apporto di qualche NBA, provava a risalire posizioni nel ranking internazionale: assente la squadra azzurra all’Europeo del 2009, eliminata nella fase di qualificazione nel 2011, nelle edizioni del 2013 e del 2015 arrivarono rispettivamente un ottavo e un quinto posto che sapevano tanto di riscatto.
“Se si fosse assegnata la medaglia del cuore l’avremmo vinta certamente noi all’Europeo del 2013. Tutti pensavano, all’inizio, che saremmo usciti al primo turno, ed invece ritornammo nelle prime otto d’Europa. Solo all’ultima gara, battuti dalla Serbia, non riuscimmo a qualificarci per il Mondiale del 2014. I ragazzi e lo staff compirono però un lavoro straordinario. Ci furono parecchi infortuni, tra cui quello del capitano Mancinelli, e arrivammo stanchissimi e contati alla gara con la Serbia. Ricordo però che mi commossi: dopo l’ultima partita andai negli spogliatoi e li abbracciai tutti, uno ad uno. A quel Campionato Europeo ci furono trentatré giornalisti italiani ufficialmente accreditati. Da tanto tempo non accadeva, fu un segnale importante. Avevo come obiettivo, al momento della rielezione, il rilancio della maglia azzurra: di sicuro con le vittorie degli azzurri facemmo innamorare nuovamente la gente! Un investimento per gli anni a seguire…”.
“All’Europeo del 2015 arrivammo ad un passo dal sogno, anzi ad un canestro, quello che mancò per vincere con la Lituania nei quarti, nei tempi regolamentari. Dispiace dirlo, ma nel supplementare ci perdemmo e i lituani giustamente vinsero; onore a loro che sarebbero poi arrivati secondi. Battemmo, però, la Repubblica Ceca e ci qualificammo per il pre-olimpico. Fu un risultato importante: tornarono speranze ed entusiasmi che il basket non aveva da tempo…”.
Per coltivarle, queste speranze, Petrucci si è affidato nuovamente alla sapienza e alle capacità tecniche di Ettore Messina, richiamato alla guida della Nazionale, dopo avere maturato esperienze importanti all’estero, l’ultima delle quali nel regno della NBA.
“Inizio col dire che organizzare il pre-olimpico a Torino è stato un premio per l’intero movimento italiano. I quindici mila che ogni sera hanno riempito il Pala Alpitour e i dati di ascolto hanno testimoniato quanto sia alta la passione per la maglia azzurra. Il ritorno di Ettore Messina alla guida della Nazionale? É come se fosse stato voluto da tutto lo sport italiano; una scelta che nessuno ha criticato. È un allenatore che ha lasciato l’Italia da vincente, dimostrando il suo valore anche all’estero. Ama la maglia azzurra e l’ha dimostrato per l’ennesima volta lavorando gratuitamente”.
“A Torino abbiamo perso in finale contro la Croazia dopo un supplementare: come perdere ai rigori nel calcio. L’amarezza è stata enorme, anche se dobbiamo fare i nostri complimenti alla Croazia, che ha meritato la vittoria. Il sogno di andare ai Giochi Olimpici è svanito, l’amarezza è stata veramente tanta. Lo sport, però, è fatto anche di rivincite e noi proveremo a prendercele…”.
A cominciare magari dalla edizione 2017 dell’Europeo, ormai alle porte, dove si concluderà anche la breve parentesi del Messina-bis…
“Vogliamo la nostra rivincita! Ho parlato con tutti i giocatori e nessuno ci sta a chiudere un altro anno senza un risultato importante, anche perché i nostri giocatori sono tutti di prima fascia e possono avere un ruolo da protagonista. Andiamo all’EuroBasket convinti di poter giocare senza paure e senza remore. Certo, abbiamo avversari forti e determinati, ma sappiamo anche che quando affrontano l’Italia hanno più di qualche preoccupazione…”.
“É un grande dispiacere che il CT Messina non possa rimanere alla guida della Nazionale, ma si è creata una oggettiva indisponibilità. Dal 2017 le Nazionali giocheranno anche a novembre e febbraio per le qualificazioni al Campionato del Mondo del 2019. NBA ha già annunciato che non interromperà la propria stagione per permettere ai giocatori di tornare a giocare nelle proprie squadre nazionali, e il dott. Messina riveste un ruolo importante nei San Antonio Spurs tra gli assistenti di Gregor Popovich. Per cui abbiamo dovuto accettare con dispiacere il fatto che non possa continuare ad allenare la Nazionale, anche se sono convinto che sia dispiaciuto quanto lo sono io. Sono convinto anche che le sue motivazioni, già alte, lo saranno ancora di più per lasciare un ricordo e un’eredità comunque importante. Poi, come si dice, non c’è due senza tre, per cui…”.
a cura di
Nunzio Spina
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