«Non ci eravamo fatti grandi illusioni, ma speravamo almeno nel pass olimpico»… «L’amaro dell’eliminazione dalla fase finale»…
Dopo l’Europeo del 2005 in Serbia-Montenegro, Carlo Recalcati aveva proseguito nel suo doppio impegno, in campionato a Siena e con la Nazionale; solo per una stagione, però, dato che nel clan azzurro era maturata la convinzione che per un lavoro di ricostruzione il part time non fosse più sufficiente. Nel 2006 c’era da onorare la partecipazione ai Mondiali in Giappone, manifestazione dove l’Italia mancava dal ’98; Recalcati aveva pensato che quella fosse l’occasione buona per iniettare linfa nuova in squadra, inserendo alcuni giovani (Belinelli, Di Bella, Pecile, Michelori, Mason Rocca, Garri) e facendo tirare un po’ il fiato a qualche “anziano” (Galanda, Bulleri, Chiacig): se non era una Nazionale sperimentale, poco ci mancava! L’inizio fu promettente, la fine un po’ meno (eliminazione agli ottavi), ma comunque la strada del rinnovamento era stata imboccata in maniera decisa. L’Europeo in Spagna, successivo impegno ufficiale, arrivò ancora nel pieno di questa fase di transizione, forse troppo presto per poter puntare nuovamente in alto.
“L’Europeo del 2007 è capitato nel momento in cui si doveva cominciare a immettere forze nuove in Nazionale; già nel Mondiale dell’anno prima avevo inserito Belinelli e altri; in Spagna era arrivato il momento di Bargnani, che aveva disputato la sua prima stagione negli States, e sarebbe arrivato anche quello di Gallinari, se non si fosse infortunato banalmente in una partita di pre-Europeo a Cagliari… All’ultimo momento, un altro infortunio, quello che ha messo fuori gioco Galanda, ha dato spazio a Datome… Insomma, le forze nuove c’erano, e tutte si sarebbero poi rivelate di livello NBA, ma erano troppo giovani, non ancora pronte ad affrontare tutte le insidie di competizioni come quella continentale… Dall’altra parte, resisteva ancora un piccolo gruppo di reduci dell’argento di Atene, trentenni o più, e sicuramente questo contrasto cronologico ha pesato negativamente nell’unione di squadra…”.
“Non ci eravamo fatti eccessive illusioni, anche se naturalmente il nostro sogno era quello di conquistare quanto meno un altro pass olimpico, per Pechino 2008… Da qualche anno in Europa si assisteva a una crescita esponenziale del livello di gioco da parte di un gran numero di rappresentative nazionali, con gerarchie che si ribaltavano di continuo; una crescita alla quale, sinceramente, noi non avevamo partecipato negli ultimissimi tempi… Per cui, approdare alla seconda fase, superando il girone di qualificazione, era già diventato un traguardo non facile da raggiungere…”.
“Lasciamo perdere la partita di esordio ad Alicante, persa con la Slovenia con un loro canestro da metà campo all’ultimo secondo… Abbiamo comunque avuto la possibilità di riprenderci, ed è bastata una vittoria su tre per superare il turno, come del resto era successo in Svezia quando poi conquistammo il bronzo… A quel punto avremmo dovuto alzare l’intensità del nostro gioco e soprattutto il livello di attenzione nei momenti chiave delle partite, visto che le sconfitte erano sempre state di misura… Ci siamo riusciti con la Turchia, che era una signora squadra (lo avrebbe dimostrato vincendo l’argento ai Mondiali del 2010), e che noi riuscimmo a battere ai supplementari … Potevamo riuscirci anche con la Germania: Nowitski lo abbiamo frenato come in diverse altre occasioni, ma non avevamo fatto i conti con le loro guardie, che ci hanno puniti nel tiro…”
“Niente da fare, siamo tornati a casa ancora una volta con l’amaro della eliminazione dalla fase finale, e soprattutto con la convinzione che il cammino, per la nostra Nazionale, si faceva sempre più in salita…”.
a cura di
Nunzio Spina
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