La splendida vittoria sulla Spagna campionessa… La vittoria svanita nei secondi finali contro la Lituania… Gasol inarrestabile…
Un Europeo senza confini geografici. Prima o poi si sarebbe arrivati anche a questo. Che non fosse più una singola città a farsi carico dell’intera organizzazione, era una prassi ormai consolidata da lungo tempo; prima due, poi tre, si era toccato il limite di sei sedi nella edizione lituana del 2011. Il balzo in avanti, stavolta, portò a coinvolgere più di una nazione. Quattro per l’esattezza: oltre alla Francia, anche la Lituania, la Germania e la Croazia. In una Europa con frontiere sempre più sfumate, la novità non destò scalpore più di tanto.
In realtà, era stato un evento extra sportivo a condizionare certe scelte. Il torneo era stata assegnato all’Ucraina, ma la sopraggiunta crisi politica del paese, e la concreta minaccia alla sua sicurezza interna, avevano indotto la FIBA a revocare il mandato. Era il giugno del 2014, mancava poco più di un anno all’appuntamento, e l’idea di distribuire a più federazioni l’onere della organizzazione sembrò a quel punto la più saggia per evitare un fallimento. La Francia fece un passo più avanti delle altre: una città del suo profondo Sud, Montpellier, a disposizione per uno dei quattro gironi di qualificazione; una città del suo estremo nord, Lille, per la fase finale a eliminazione diretta. Per gli altri tre gironi, porte aperte a Kaunas, a Berlino e a Zagabria.
Terzo appuntamento continentale dell’era Pianigiani. Il 17° posto del timido debutto a Kaunas 2011 era già stato ampiamente riscattato dall’8° di Lubiana 2013. Ma il cammino di risalita poteva e doveva portare decisamente più in alto. Le premesse c’erano; innanzitutto perché, a differenza della edizione precedente, non si era verificata un’epidemia di infortuni e indisposizioni varie; e poi per la maniera in cui il campionato professionistico statunitense da una parte e quello italiano dall’altra avevano fatto crescere le quotazioni di alcuni giocatori della rosa: Marco Belinelli e Alessandro Gentile, tanto per fare due nomi.
La formula di svolgimento, a parte l’aspetto logistico, presentava una modifica importante: si qualificavano le prime quattro (e non tre) da ognuno dei quattro gironi; però poi si andava direttamente alla fase finale ad eliminazione diretta, dagli ottavi in poi. Italia nel girone di Berlino, dove non c’era tanto da stare allegri, perché gli avversari si chiamavano: Germania (che giocava in casa), Serbia (vice campione del mondo), Spagna (sempre a medaglia nelle ultime quattro edizioni), più l’ostica Turchia e la debuttante Islanda. Nulla di scontato.
Simone Pianigiani, come detto, poteva stavolta contare sui suoi uomini. Gli NBA c’erano tutti, ed era la prima volta che questo capitava in una manifestazione importante: Bargnani, Gallinari, Belinelli, lo stesso Datome, che per la verità aveva appena lasciato i Boston Celtics per andare a vestire la maglia del Fenerbahce di Istanbul. Venivano confermati, rispetto alla precedente edizione slovena, Cusin, Gentile, Melli, Aradori e Cinciarini; si registrava il ritorno di Hackett, già presente nel 2011; c’era spazio finalmente per la giovane ala Achille Polonara, che insieme alla debuttante guardia Amedeo Della Valle, rappresentava la forza emergente della squadra di Reggio Emilia, sfortunata protagonista della finale scudetto con Sassari.
Se due anni prima a Capodistria il pessimismo della vigilia aveva partorito un inizio travolgente, con cinque vittorie su cinque, stavolta l’eccessivo ottimismo venne subito mortificato dall’esito della partita di esordio, persa con la Turchia di due, nonostante un Gallinari super (33 punti). Gli azzurri arrivarono a un passo dal baratro nella seconda partita contro l’Islanda (che tra l’altro faceva segnalare il definitivo forfait di Datome per infortunio): partita riacciuffata per i capelli con i canestri di Belinelli e Aradori, e sospiro di sollievo. Che diventò urlo di gioia nella successiva partita con la Spagna (105 a 98), ancora una volta con Gallinari e Belinelli spietati nel tiro dalla distanza. Poi un’altra prodezza: vittoria con i tedeschi (89 a 82), dopo un tempo supplementare, e dopo che pubblico e giocatori di casa avevano già alzato le braccia al cielo. Qualificati per gli ottavi, a quel punto. Contro la Serbia del play fuoriclasse Milos Teodosic, Pianigiani preferì lasciare in panchina anche l’infortunato Belinelli, oltre a Datome, prestando facilmente il fianco alla seconda (ma questa ininfluente) sconfitta del girone.
Per entrare nei primi otto bisognava battere Israele, e il compito fu risolto agevolmente (82 a 52), tutti e dodici in campo e tutti a segno, Gentile con 27 punti. Migliorare il piazzamento del 2013 era l’obiettivo minimo della spedizione; il massimo era quello di conquistare uno dei due (soli) posti a disposizione per la qualificazione diretta alle Olimpiadi di Rio. In questo cammino di speranza, il primo ostacolo aveva il volto duro della Lituania, ancora lei a sbarrarci la strada come tante altre volte nel recente passato. Un’altra buona prestazione degli azzurri, con un eroico Bargnani, miglior realizzatore nonostante un acciacco, non fu sufficiente: vittoria svanita nei secondi finali, poi praticamente regalata nel supplementare. Addio sogni, ma sarebbe arrivata una consolazione, quella di battere nettamente la Repubblica Ceca nell’ultimo spareggio (85 a 70), ottenendo così un quinto posto (in coabitazione con la Grecia), che rappresentava pur sempre un passo avanti nel cammino di ripresa iniziatosi con Pianigiani nel 2010. E comunque valeva, quel quinto posto, la possibilità di giocarsi ancora qualche chance nel torneo di pre-qualificazione olimpica del successivo mese di giugno.
Intanto, agli azzurri non restava che fare da spettatori alla lotta per le medaglie. Che fece registrare delle sorprese. La Francia e la Serbia, imbattute dopo sette partite, si fecero imbrigliare in semifinale rispettivamente dalla Spagna (con un Pau Gasol inarrestabile, autore di ben 40 punti, alla fine MVP del torneo per la seconda volta) e dalla Lituania (con le sue temibili ali Maciulis e Valanciunas). La Spagna l’avevamo battuta, la Lituania quasi: eppure, ci toccò assistere alla loro finalissima! Vinse nettamente la Nazionale iberica (80 a 63); era il terzo oro delle ultime quattro edizioni, e per la terza volta – guarda caso – sedeva in panchina Sergio Scariolo. No, non poteva essere più un caso!
Rispetto a Lubiana 2013, le bandiere erano le stesse. Cambiavano solo le loro posizioni. Ancora argento la Lituania, retrocedeva dall’oro al bronzo la Francia, che stavolta era proprio convinta di farcela a trionfare davanti al proprio pubblico.
Nunzio Spina
Lascia un commento