L’unico Europeo disputato dal giocatore simbolo di Siena… Piacere e rammarico nella partita contro la Francia…
Marco Carraretto è nato a Treviso, il 27 ottobre del 1977. Cresciuto nel settore giovanile della Benetton, è approdato in prima squadra a 19 anni, ritrovandosi in una formazione piena di campioni e con un allenatore del calibro di Mike D’Antoni: in quella stagione (’96-’97) conquistò subito il suo primo scudetto. Cominciò solo allora la sua vera gavetta: ripartenza dalla serie B, a Mestre, poi Udine, Verona, Biella, fino a cercare nuove esperienze – di crescita professionale e umana – in Spagna, con le squadre del Saski Baskonia di Vitoria e del Breogan di Lugo. Il rientro in Italia, a 29 anni, gli avrebbe riservato una lunga sequenza di successi: sette stagioni a Siena e altrettanti scudetti consecutivi, che aggiunti al primo di Treviso hanno portato a un totale di otto (meglio di lui, solo Meneghin, Gamba, Pagani, Pieri e Riminucci). Tutti titoli conquistati con coach Simone Pianigiani, tranne l’ultimo con Luca Banchi. Guardia di 1,97, Carraretto si è fatto apprezzare per l’essenzialità del suo gioco, la buona disposizione di mettersi al servizio della squadra, la grinta difensiva e il coraggio anche di trovare canestri in momenti delicati. L’esordio con la Nazionale risale all’estate del 2002, in una tournée in Cina, convocato da Carlo Recalcati, che lo ebbe in squadra anche ai Giochi del Mediterraneo del 2005 (medaglia d’oro ad Almeria). Nel 2010 è stato richiamato in azzurro da Pianigiani, in vista dell’Europeo dell’anno successivo. La sua carriera da giocatore si è protratta fino allo scorso mese di luglio (Verona, Forlì, Bologna), per poi intraprendere subito quella di dirigente, chiamato dalla Fortitudo Bologna a ricoprire il ruolo di general manager.
“Del mio unico Europeo disputato, quello in Lituania nel 2011, ricordo soprattutto la grande emozione che ho provato… La maglia della Nazionale l’avevo indossata già da quasi un decennio, ma quella era la prima importante manifestazione continentale alla quale prendevo parte, e nonostante i miei 34 anni l’ho affrontata con lo spirito del ragazzino debuttante… Certo, per essere stato l’unico Europeo, mi sarebbe piaciuto ottenere un risultato più soddisfacente di quello che abbiamo rimediato, ma per me si è trattato comunque di una esperienza gratificante…”.
“Mi sono ritrovato con Simone Pianigiani a condividere l’inizio di una nuova avventura, dopo quella ricca di successi vissuta a Siena; si può dire che quello fosse, in un certo senso, l’anno zero per la Nazionale, che non aveva partecipato all’Europeo precedente, e cercava quindi di ricostruire una sua fisionomia e una sua caratura… C’era entusiasmo, voglia di combattere, anche qualità tecnica (soprattutto con i tre azzurri provenienti dalla NBA), ma era una squadra ancora in fase embrionale, non aveva un vissuto, le mancava quella compattezza che invece possedevano le altre formazioni che ci siamo trovati ad affrontare… Se andiamo a rivedere i punteggi finali delle partite, possiamo senz’altro dire che con ogni avversario del girone di qualificazione – ed erano tutte formazioni di alto livello – ce la siamo giocata alla pari, ma nelle fasi cruciali è mancata proprio questa coesione…”.
“La partita che ricordo con maggior piacere, e anche con un pizzico di rammarico, è quella con la Francia, lo scontro decisivo del dentro o fuori; io e i miei compagni ce l’abbiamo messa tutta, stavamo per compiere un’impresa, e invece… Noi eliminati, loro, i francesi, sono poi arrivati a disputare la finale per l’oro con la Spagna! Se qualcuno in Italia aveva riposto delle aspettative su quella edizione degli Europei, ovviamente è rimasto deluso; ma si è capito bene che la Nazionale di Pianigiani era destinata solo a crescere, e i risultati futuri lo avrebbero confermato… Peccato che per il sottoscritto si trattasse dell’ultima occasione…”.
a cura di
Nunzio Spina
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