«Un Europeo che segnò un cambio generazionale»… «Ricordo bellissimo dell’esperienza, malgrado un dito lussato»…
Matteo Soragna è nato a Mantova, il 26 dicembre 1975. Come cestista è cresciuto a Cremona, disputando tre campionati di B con la Juvi. Il passaggio a Pistoia, a 21 anni, gli aprì le porte della massima serie, dove ritornò cinque stagioni più tardi, dopo avere trascorso tre anni in Sicilia, a Barcellona Pozzo di Gotto (promozione in A2), ed essersi poi trasferito a Biella. É qui che si mise particolarmente in luce, attirando anche l’interesse del coach della Nazionale, Carlo Recalcati, che nel novembre del 2001 lo fece esordire in maglia azzurra a Brno, contro la Repubblica Ceca. Con Recalcati in panchina, Soragna ha preso parte a tre edizioni consecutive degli Europei (dal 2003 al 2007), alle Olimpiadi di Atene (medaglia d’argento) e ai Mondiali del 2006. Ala di 1,96, si è sempre distinto per la sua duttilità in campo: ala, ma anche guardia, e playmaker all’occorrenza; difesa tenace e produttiva, gioco d’attacco senza spreco di palloni e, spesso, con i canestri giusti al momento giusto. L’approdo al primo grande club è giunto a 29 anni, con la Benetton Treviso, dove sono arrivati pure i primi titoli: uno scudetto, due Coppe Italia e una Supercoppa. Cinque stagioni in Veneto, poi il cammino a ritroso, ripercorrendo le tappe di Biella, della Sicilia (stavolta a Capo d’Orlando), fino a riavvicinarsi ai luoghi di origine, a Piacenza, con cui ha disputato gli ultimi due campionati.
“A Belgrado 2005 stava cominciando un ricambio generazionale per la nostra nazionale. Eravamo sì reduci dal bronzo europeo dell’edizione precedente e dall’argento olimpico di Atene, ma eravamo anche consapevoli dei nostri limiti e del fatto che il livello delle competizioni continentali si alzava sempre di più, e che sempre più si allargava la concorrenza… Insomma, per ripetere certi risultati bisognava compiere imprese ancora più grandi…”
“Certo, in Serbia avremmo potuto dare di più, o forse avremmo avuto bisogno dell’aiuto di qualche episodio favorevole… Tutto sommato, il girone di qualificazione di Vrsac era andato secondo le nostre ottimistiche previsioni, specie dopo l’esordio vittorioso contro la Germania, che ormai ci considerava un po’ la sua bestia nera… Ricordo che in quella partita mi lussai il dito di una mano, ma ovviamente non se ne parlò neanche di abbandonare il campo (11 punti per lui, con un 5 su 7 nel tiro e un’ottima difesa, n.d.r.); lottammo in campo come era nella nostra indole e alla fine superammo ancora una volta Nowitski e compagni… Solo che vederli poi là sul podio, con la medaglia d’argento al collo, non ci procurò proprio una bella sensazione…”.
“Battendo anche l’Ucraina avevamo secondo me assolto al nostro compito, perché contro la Russia, che era una squadra di grandissima esperienza, e con giocatori del calibro di Kirilenko, di Chryapa, di Holden – tutta gente da basket USA –, non c’era stato nulla da fare… Piuttosto, mai avremmo pensato che questa stessa Russia vemisse poi sorpresa dalla Germania, facendoci passare come terzi del girone per differenza punti negli scontri diretti… Ci toccava così la Croazia, l’avversaria che avremmo volentieri evitato nello spareggio per andare ai quarti: i suoi tifosi hanno praticamente riempito il Palasport di Podgorica, creando per noi un clima da trasferta, a parte naturalmente la forza di giocatori come i lunghi Kasun e Vujcic, che ci hanno fatto sentire i loro colpi… L’avventura è finita lì per noi, stavolta evidentemente ci era mancato qualcosa…”.
“Avevo cominciato nella maniera migliore il mio percorso in Nazionale, con due medaglie nelle prime due manifestazioni; poi ho vissuto quel periodo di transizione di cui parlavo, dove non è mai facile raccogliere risultati… Comunque, mi porto dietro un ricordo bellissimo, sia dei compagni di squadra, tutti accomunati da uno spirito di grinta e di umiltà, sia di coach Recalcati, che credo sia riuscito a ottenere dalla squadra il massimo che poteva tirar fuori…”.
a cura di
Nunzio Spina
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