«Mi sentivo come un ragazzino: emozioni e paura»… «La finale per l’oro filò liscia, i tifosi lituani immagine che mi rimane»…
Luigi Lamonica è nato a Pescara il 18 dicembre 1965. La prima volta che mise un fischietto in bocca per dirigere una partita di basket fu a 13 anni, e si trattò di un caso: in un torneo organizzato dal papà, vicepresidente di una società cestistica locale, l’Amatori Pescara, ci si accorse all’ultimo momento che mancavano gli arbitri, per cui gli venne intimato (dal papà!) di sostituirli, come andava andava… Se la dovette cavare niente male, se è vero che qualcuno gli consigliò di frequentare subito un corso per arbitri, e che già l’anno dopo gli arrivò la prima designazione ufficiale: una gara del campionato juniores, gente più grande di lui! Il suo ruolo originario era quello di giocatore; si cimentò nel doppio ruolo fino a sedici anni, poi prese in maniera decisa la direzione in cui lo portava la maglietta grigia. Una carriera da tappe bruciate. A 27 anni esordio in serie A, a Udine; a 31, apparizione sulla scena continentale, ad Aix en Provence, in Francia, in una partita di competizione europea femminile per club; a 33, finale play-off scudetto del campionato, gara 5 a Bologna, derby tra Fortitudo e Virtus. Il “Premio Reverberi” come miglior arbitro italiano, assegnatoli nel ’98, è stato il giusto riconoscimento delle sue qualità: preparazione fisica, conoscenza della tecnica, livello di attenzione, capacità decisionali, nessuna platealità (proprio quello che ha reso celebre colui a cui il premio è intitolato). Nel 2002 Lamonica è approdato alle final four di Eurolega; l’anno dopo, in Svezia, il debutto nel Campionato Europeo per Nazionali maschili. Qui è risultato uno dei migliori arbitri del torneo, tanto da essere designato (primo italiano nella storia) a dirigere la finale per l’oro. Sarebbe stato solo l’inizio di un altro lungo capitolo ricco di affermazioni…
“Mi sentivo come un ragazzino che per la prima volta si trova ad affrontare un qualcosa più grande di lui! Tale l’emozione che provai scendendo in campo ad arbitrare la prima partita del mio primo Europeo, Svezia settembre 2003… Emozione e paura; paura di non essere adeguato al compito che mi veniva affidato; avevo ancora 37 anni, se vogliamo ancora giovane per affrontare una esperienza di quel tipo… Devo dire che anche la caratura delle squadre con le quali mi dovevo imbattere nel girone di qualificazione di Sodertalje – Spagna, Russia, Serbia-Montenegro, oltre alla Svezia padrona di casa – contribuì a procurarmi questa apprensione… Per fortuna, dopo la palla a due iniziale entrai serenamente nel clima della gara: si affrontavano la Serbia-Montenegro e la Russia, andò tutto bene…”.
“Le designazioni non si spingevano al di là della singola gara; ne venivi a conoscenza solo la sera prima, poi ogni mattina si faceva un meeting, si rivedevano e si commentavano certe azioni e certe decisioni: insomma, eri sempre sotto esame… A Sodertalje, cittadina nei pressi di Stoccolma, diressi nei giorni successivi un’altra partita di qualificazione della Serbia-Montenegro, contro la Spagna, e poi una di spareggio tra Russia e Croazia… Evidentemente, al mio debutto in un campionato europeo avevo destato una buona impressione…”.
“La convocazione per la fase finale di Stoccolma suonò per me come una bella promozione… Ai quarti mi toccò nuovamente la Serbia-Montenegro, che stavolta se la doveva vedere con la Lituania; poi mi assegnarono un incontro valevole per la classifica dal quinto all’ottavo posto, tra Israele e Grecia, che era stata eliminata dall’Italia… A proposito dell’Italia, le mie sorti a un certo punto si sono incrociate con quelle della Nazionale azzurra: speravo che arrivasse al podio, perché questo voleva dire qualificazione alle Olimpiadi di Atene, e in tal caso c’era a disposizione il pass anche per un arbitro italiano… Non avrei mai immaginato che oltre a questo bel regalo (anche se poi ad Atene non andai per altri motivi), mi arrivasse anche quello della chiamata per la finalissima tra Lituania e Spagna… Per me fu come toccare il cielo con un dito…”.
“Era l’ultimo Europeo in cui si arbitrava solo in coppia; venni scelto assieme al serbo Ilija Belosevic, un figlio d’arte, più giovane di me… Dovevamo farci coraggio l’un l’altro… Mi ricordo di avere ricevuto la bella notizia la sera prima al ristorante, e di aver passeggiato quasi tutta la notte, per smaltire la tensione che ancora una volta mi aveva sopraffatto… Si giocava al Globe Arena di Stoccolma, un impianto dalla stranissima forma a palla, ma molto funzionale ed elegante, dentro sembrava un salotto… Si disputava prima la finale per il bronzo, in cui era impegnata l’Italia contro la Francia: fu una partita punto a punto, soffrii in silenzio – perché altrimenti non potevo fare – e dovetti poi contenere la gioia per la vittoria; un primo traguardo era stato raggiunto…”
“La finale per l’oro, per fortuna, filò liscia senza grossi problemi e senza episodi contestati… Devo dire che le difese in quella occasione furono piuttosto allegre, con pochi contatti, poche palle perse, e questo naturalmente facilitò molto il compito di noi arbitri… In fase d’attacco si mostrarono più forti i giocatori della Lituania, tutti tiratori formidabili; la Spagna praticamente si trovò sempre a inseguire… Una grande spinta per la vittoria la diedero i tifosi lituani, che raggiunsero Stoccolma con tutti i mezzi possibili, e che riempirono quell’arena con i colori della loro bandiera: è una delle immagini più belle che mi è rimasta di quella serata per me indimenticabile…”.
Di serate indimenticabili, e di finali di campionato europeo, ce ne sarebbero state ancora per l’arbitro Luigi Lamonica. Quella del 2003 sarebbe risultata infatti solo la prima di una serie di cinque finali per l’oro da lui dirette: edizione 2005 a Belgrado, partita tra Grecia e Germania, la prima volta di una terna, insieme a Raul Chavez (Argentina) e Dubravko Muhvic (Croazia); poi nel 2011 a Kaunas (Spagna-Francia), nel 2013 a Lubiana (Francia-Lituania), nel 2015 a Lille (Spagna-Lituania): in queste ultime tre finali si è ritrovato ancora una volta col suo primo compagno d’avventura, il serbo Ilija Belosevic, e rispettivamente col croato Sreten Radovic, con lo spagnolo Juan Arteaga e con l’ucraino Borys Ryzhyk. Nel suo prestigioso curriculum, anche la partecipazione a tornei olimpici (Pechino e Londra, con due semifinali), a campionati mondiali e a numerose final four di Eurolega, fino all’edizione della stagione appena conclusa, quando a 52 anni ha dovuto rinunciare, per limite d’età, ad arbitrare partite del campionato italiano.
a cura di
Nunzio Spina
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