«Finalmente il momento per dimostrare l’attaccamento all’Azzurro»… «La soddisfazione di battere Russia e Spagna, ma la Croazia…»
Vincenzo Esposito è nato il 1° marzo 1969, a Caserta, città dove è praticamente cresciuto col pallone di basket in mano, esordendo in prima squadra con la Juve a soli 15 anni (ripercorrendo così, a distanza di due anni, le orme del “fratello” Nando Gentile). Lanciato pure lui da Tanjevic, raggiunse poi con Marcelletti in panchina, e lo sponsor Phonola sulla maglia, lo scudetto nel ’91, al termine della famosa finale con la Philips Milano, quando fu costretto, per un grave infortunio al ginocchio, ad assistere a bordo campo agli ultimi minuti di gara-5. A 24 anni lasciò Caserta, e approdò alla Fortitudo Bologna, prima di compiere il grande salto verso gli Stati Uniti: una stagione con i Toronto Raptors (primo italiano assieme a Stefano Rusconi a calcare i parquet della NBA). Al rientro in Italia vestì la maglia di Pesaro, dell’Olimpia Pistoia, e poi dal ’98 al 2001 quella dell’Andrea Costa Imola, dove per tre anni consecutivi si aggiudicò il titolo di miglior marcatore del campionato. Guardia di 1,94, univa alle buone doti fisiche quelle di una tecnica eccezionale, che gli permettevano di trovare la via del canestro quasi in maniera irrisoria, e con tutte le possibili soluzioni di gioco. In Nazionale fece il suo esordio a 21 anni, chiamato da Sandro Gamba a far parte della formazione per i Goodwill Games di Seattle del 1990. Tra infortuni e rinunce, la sua riapparizione in azzurro avvenne solo cinque anni dopo, agli Europei di Atene, in panchina Ettore Messina. La sua carriera di giocatore è proseguita fino a 45 anni, con ben dodici trasferimenti (comprese due parentesi spagnole), mentre già negli ultimi tempi si intersecava quella di allenatore. Nell’ultima stagione ha guidato il Pistoia in A1, fino ai play-off.
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“Era arrivato finalmente il mio momento! Quello in cui potevo esprimere il mio attaccamento alla maglia azzurra… In più di un’occasione avevo dovuto rinunciare, a malincuore, a partecipare a raduni o a tornei ufficiali: a volte per infortunio, altre volte perché arrivavo praticamente sfinito a fine campionato, dopo aver dato tutto nella squadra di club, e non era il caso di occupare un posto in Nazionale senza essere preparato a dovere… In quell’estate del ’95, invece, mi sentivo bene fisicamente, ed ero anche psicologicamente carico, perché sapevo già di dovere iniziare subito dopo la mia avventura con i Toronto in NBA… Alla chiamata di Ettore Messina per Atene, e alle esortazioni del presidente FIP Gianni Petrucci, risposi in maniera convinta ed entusiasta…”.
“Fu un Europeo di altissimo livello, non foss’altro che per la presenza di tanti giocatori che in NBA giocavano già, come il serbo Divac, i lituani Sabonis e Marciulonis, i croati Kucoc e Radja… Ma, se permettete, dico che anche i miei compagni di squadra erano di altissimo livello, così come lo staff tecnico azzurro, dal coach Messina al preparatore atletico Enzo Grandi… Se ho disputato un buon torneo (miglior realizzatore degli azzurri, con 14,1 di media partita, n.d.r.) lo devo senz’altro all’aiuto che mi hanno dato tutti, facendomi sentire quasi un veterano della squadra… E poi devo dire che tornare a giocare accanto al mio vecchio amico Nando Gentile, dopo che le nostre strade di club si erano separate, mi ha dato molta sicurezza in campo…”.
“La nostra Nazionale avrebbe forse potuto scalare qualche gradino in più nella classifica, ma i quarti di finale erano davvero difficili da superare, men che meno affrontando la forte Croazia (nonostante i 14 punti suoi e i 16 dell’altro esordiente, Fucka, n.d.r.)… Però ci siamo presi la soddisfazione di battere, e di lasciarci dietro, due squadre ambiziose come Russia e Spagna; insomma, un buon quinto posto, e anche un bel riscatto rispetto agli Europei precedenti… Quanto al sottoscritto, non ci sarebbero state per me altre occasioni di mettermi in mostra con la maglia azzurra, ma quella di Atene è stata una esperienza molto positiva, ed è bastata per farmi congedare senza alcun rimpianto…”.
a cura di
Nunzio Spina
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