Una interprete moderno del ruolo di guardia… «Un periodo fortunato, ma non ho un bel ricordo dell’Europeo in casa»…
Gianni Bertolotti è nato il 12 febbraio 1950, a Milano, città dove ha cominciato (a 15 anni) a giocare a basket nelle file della All’Onestà. Riccardo Sales fu suo allenatore nelle giovanili, poi trovò Vittorio Tracuzzi in prima squadra (con Zanatta, Bovone, De Rossi, tra i compagni). Nel ’71 il trasferimento a Bologna, dove ottenne la sua definitiva affermazione, sotto la guida di Dan Peterson; con la maglia della Virtus arrivarono tre scudetti e una Coppa Italia. Passò una stagione sulla sponda della Fortitudo e giocò anche a Trieste, ma fu con la Virtus Roma che riconquistò un trofeo, la Coppa dei Campioni nell’84. Interprete moderno –con i suoi due metri – del ruolo di guardia, aveva nel tiro preciso dalla distanza, nel contropiede e nel grande dinamismo le sue qualità migliori. Esordio in Nazionale nel ’70, in una amichevole a Roma, convocato da Giancarlo Primo, con il quale ha poi percorso tutta la sua carriera in maglia azzurra: quattro Europei, una Olimpiade e un Mondiale. Vive attualmente in Toscana, e trascorre piacevolmente parte del suo tempo insegnando basket ai bambini del Follonica.
“La seconda metà degli anni settanta ha rappresentato per me un periodo fortunato, sia in club che in Nazionale. Nel ’76 ricevetti un premio, «Il canestro d’oro», come miglior giocatore del campionato, arrivando anche secondo alle spalle di Bob Morse come marcatore… Avevo già disputato gli Europei del ’73 a Barcellona e del ’75 a Belgrado, dove vincemmo la medaglia di bronzo, ma quelli in cui ho espresso meglio il mio potenziale sono stati i due successivi, Liegi ’77 e Torino ’79… A Liegi trovai una buona percentuale di realizzazione, e la grande soddisfazione fu quella di battere per la prima volta l’Unione Sovietica… Ci illudemmo di salire ancora più su sul podio, quella volta, invece dovemmo accontentarci del quarto posto…”.
“Anche nell’Europeo giocato in Italia, nel ’79, me la cavai abbastanza bene in fatto di punti realizzati (23 col Belgio, in doppia cifra con Israele, Spagna, Jugoslavia e URSS, n.d.r.), ma non porto un bel ricordo di quel torneo, perché non riuscimmo a raggiungere il risultato che eravamo convinti di poter ottenere… Subimmo anche i fischi del pubblico di Torino, e io ci rimasi talmente male da rivolgermi verso la tribuna indicando il tricolore che avevamo stampato sulla maglia, come a dire che giocavamo per una bandiera e non per noi… Siamo stati molto sfortunati, allora, se pensiamo che abbiamo battuto l’Israele, arrivata poi seconda, e che siamo stati a un passo dal battere ancora l’Unione Sovietica… Invece di una medaglia, il quinto posto: che peccato!”.
“Comunque bella, bellissima l’esperienza vissuta in azzurro! E questo grazie anche alla fiducia che Giancarlo Primo ha riposto su di me: era un tecnico preparato e un gran signore, e miscelando queste sue due virtù riusciva sempre a mettere insieme, nei pochi giorni che aveva a disposizione, una squadra competitiva…”.
a cura di
Nunzio Spina
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