«Ci aspettavano tutti al varco!»… «Con la maglia della Nazionale mi sarei preso ben altre soddisfazioni»…
Enrico Gilardi è nato a Roma, il 20 gennaio del 1957. La sua carriera di cestista parte da ragazzino, con la Excelsior Testaccio, prima società di mini-basket ad avere visto un proprio iscritto approdare in Nazionale. Ha indossato maglie di varie squadre della capitale, da quella del Basket Roma, con cui ha vinto titoli giovanili, a quella della Lazio, della Stella Azzurra e infine della Virtus, di cui è stato capitano e artefice dei grandi successi negli anni ottanta: uno scudetto, una Coppa dei Campioni, una Coppa Korac, una Coppa Intercontinentale. Rilevante anche il suo curriculum in maglia azzurra, alla corte di tre diversi allenatori: Primo, Gamba e Bianchini. Gilardi ha disputato ben quattro campionati europei (’79,’81,’83,’85), due Olimpiadi (Mosca ’80 e Los Angeles ’84), un Mondiale (Madrid ’86), totalizzando 159 presenze e più di mille punti.
“Ci aspettavano tutti al varco! L’argento olimpico di Mosca ci aveva portato un tale lustro che all’Europeo in Cecoslovacchia eravamo in qualche modo obbligati a confermarci ad alti livelli. Il quinto posto finale, quindi, scatenò delusione e critiche, dopo che l’intero ambiente si era appena esaltato. Il risultato era lo stesso di Torino ’79, dove pure ambivamo a qualcosa di più grazie al fattore campo. Sembrava proprio che avere le luci puntate contro ci procurava più problemi che altro…”
“Non so cosa sia successo realmente, fatto sta che la nostra squadra non si è espressa affatto per quello che era il suo valore. Forse trovarsi subito di fronte a Jugoslavia e URSS (che con noi aveva il dente avvelenato!) ci ha un po’ condizionato negativamente. A contribuire ad abbassare il nostro morale, poi, ci ha pensato la desolazione della cittadina in cui abbiamo giocato le prime partite, Havirov; ricordo che stavamo praticamente sempre chiusi in albergo…”.
“Potevamo cambiare rotta nel girone finale a Praga, ma là ci è mancato quel guizzo che ci avrebbe permesso di giocarci una medaglia. Mi riferisco soprattutto alla partita con la Spagna, persa di un solo punto nonostante i tanti errori commessi. Però questo è il basket; e la stessa Spagna avrebbe avuto modo di recriminare nei nostri confronti in altre occasioni! Con la Cecoslovacchia, invece, ci siamo persi mentalmente…”
“Per me è stata ugualmente una esperienza positiva. Trovarsi di fronte ai fuoriclasse sovietici o jugoslavi, ma anche spagnoli e cechi, era sicuramente uno stimolo a osare sempre qualcosa di più. Ero ancora giovane, e pian piano mi stavo ritagliando il mio spazio in squadra; in quell’Europeo diciamo che me la sono cavata. Con la maglia della Nazionale, comunque, mi sarei preso ben altre soddisfazioni…”
a cura di
Nunzio Spina
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