Il giocatore dalle lenti a contatto… Le recriminazioni per aver affrontato la Cecoslovacchia… Una squadra solida e unita…
Fabrizio (“Ciccio”) Della Fiori è nato il 1° settembre 1951, a Formigara, in provincia di Cremona. Già a sedici anni il debutto in prima squadra a Cantù, dove rimase per dodici stagioni, vincendo due scudetti, una Coppa Intercontinentale, tre Coppe Korac, tre Coppe delle Coppe. Alto 2,04, iniziò a giocare da pivot, sfruttando la sua mole, poi si specializzò sempre più nel ruolo di ala, dove mise in mostra ottime qualità di tiratore da fuori. Fu uno dei primi giocatori a utilizzare le lenti a contatto, che ogni tanto gli cadevano durante la partita, costringendo a una interruzione del gioco per andarle a recuperare sul parquet. Lunga la sua carriera nel campionato italiano (dopo Cantù, Venezia, Varese e Udine) e lunga anche la sua militanza in azzurro, con tre campionati europei, un Mondiale e due Olimpiadi (Montreal ’76 e Mosca’80, dove mise al collo la medaglia argento).
“Mai quarto posto fu più amaro di quello che rimediammo agli Europei di Liegi. Prima dell’inizio del torneo, forse, lo avremmo sottoscritto, ma per quello che eravamo riusciti a fare nel girone di qualificazione ci sarebbe stata indigesta anche la medaglia di bronzo. Era la prima volta, se non ricordo male, che battevamo l’Unione Sovietica in un torneo continentale. Quella impresa meritava di essere festeggiata in ben altra maniera…”.
“Ho ancora il sospetto che la Jugoslavia, allora, non si impegnò più di tanto per battere la Cecoslovacchia, sapendo che in quel caso avrebbe dovuto vedersela con i sovietici in semifinale. Preferiva senz’altro incontrare noi, per il semplice motivo che era riuscita sempre a superarci negli ultimi tempi. E la tradizione a loro favorevole, purtroppo, venne rispettata ancora una volta; anche perché, parliamoci chiaro, loro erano tutti dei grandi campioni…”.
“L’unica recriminazione, per noi, fu di affrontare la Cecoslovacchia senza la giusta determinazione nella partita che valeva il terzo posto. Si sa, siamo italiani, e facilmente ci facciamo prendere dalla emozionalità; la disillusione della mancata finalissima ci aveva fatto crollare il morale…”.
“Comunque la nostra Nazionale stava attraversando un buon periodo, e anche quel quarto posto, in effetti, faceva parte di una lunga serie di buoni piazzamenti che oggi potremmo senz’altro rivalutare. Giancarlo Primo, che reputo uno dei più grandi allenatori che abbia avuto il basket italiano, era riuscito a forgiare una squadra molto solida e unita, dove tutti si impegnavano solo per il bene comune. Questo spiega anche perché, in quegli anni, mai nessuno dei giocatori azzurri vedeva il suo nome inserito nei quintetti ideali dei campionati europei, né tanto meno in quello dei migliori marcatori…”.
a cura di
Nunzio Spina
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