Ala di due metri, ottimo tiratore e contropiedista… La vittoria più bella: contro la Spagna…
Ivan Bisson è nato il 21 aprile 1946, a Macerata, città che lasciò a quindici anni, per trasferirsi a Teramo, dove mosse i primi passi cestistici. A 19 anni il grande salto a Varese, con una gavetta in squadre minori (e una parentesi a Udine, con la Snaidero), prima di dare il via alla sua lunga serie di successi con la grande Ignis, poi Mobilgirgi: 5 scudetti, 4 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali. Ala di due metri, aveva ottime doti di tiratore da fuori e di veloce contropiedista, ma si faceva valere anche nel gioco sotto canestro. Esordio in Nazionale sperimentale con Paratore, in Nazionale maggiore con Giancarlo Primo nel ’69; da allora, quattro partecipazioni agli Europei, una al Mondiale e due alle Olimpiadi. Abbandonata l’attività agonistica, è stato per due anni presidente del Varese Calcio. Attualmente vive a Roseto degli Abruzzi.
“Quello in Jugoslavia è stato il mio ultimo di quattro Europei, e per fortuna ho chiuso la serie in bellezza, andando per la seconda volta a ritirare una medaglia di bronzo. Ero contento soprattutto perché consapevole di avere disputato un bel torneo, cosa che non era capitata in altre occasioni in cui la squadra aveva comunque ottenuto un buon risultato. Diciamo che questo terzo posto lo sentivo più mio!”.
“Ricordo soprattutto la partita con l’Olanda, che sulla carta non avrebbe dovuto infastidirci più di tanto. Noi prendemmo sicuramente la partita sotto gamba, loro si esaltarono, e così ci ritrovammo sotto di venti punti, con davanti lo spettro della clamorosa eliminazione. A quel punto Primo mi fece cambiare ruolo (che era quello di ala, piccola o grande a seconda delle situazioni) ordinandomi di giocare sotto e spalle a canestro, perché a marcarmi c’era uno della mia altezza; per me fu come ritornare alle mie origini, con i movimenti giusti riuscii a realizzare con una certa facilità, mettendo a segno, mi pare, una ventina di punti (18 per l’esattezza, n.d.r.). Il resto lo fece l’ingresso in campo di Charly Recalcati…”.
“La vittoria più bella, tuttavia, fu quella contro la Spagna. Loro avevano alcuni americani in squadra, erano reduci dall’argento di Barcellona ’73, e puntavano ancora diritti al podio; non si aspettavano proprio di trovare una Italia così determinata, beccarono una pesante batosta, e il podio lo lasciarono a noi…”.
“A Belgrado rimasi impressionato dalla forza della Jugoslavia, che tra l’altro era sostenuta da un pubblico davvero agguerrito. Noi la affrontammo a Spalato, ma a Belgrado l’atmosfera era ancora più esplosiva. Aveva tanti fuoriclasse in squadra, tutti ottimi tiratori, ma il giocatore che mi colpì di più fu sicuramente Kremisir Cosic, un pivot dal fisico spigoloso e dalle grandi doti tecniche, apprese durante gli anni trascorsi in un college statunitense; superarlo era davvero una impresa per tutti…”.
a cura di
Nunzio Spina
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