Intervista al referente tecnico territoriale, impegnato con la Nazionale sperimentale femminile… Il lavoro con le giovani, con gli allenatori, con il territorio, con la Pégaso e a Ragusa…
Chiunque a Ragusa ha sentito parlare di Ninni Gebbia, anche chi di basket ne mastica poco. Lui, da poco sessantenne, si dedica da sempre alla palla a spicchi, con memorabili risultati in campo (da playmaker) ma anche tanti in panchina e dietro la scrivania. Da un decennio si occupa quasi esclusivamente di giovanili e in questi giorni è al raduno della Nazionale sperimentale, da assistant coach di Andrea Capobianco. È il giusto coronamento di un periodo d’oro, per lui e per le squadre che sta seguendo.
«Staremo a Roma fino all’8 giugno – afferma Gebbia – le azzurre disputeranno un torneo a Pomezia contro Belgio, Camerun e Australia. È “Sperimentale” perché ci sono Nazionali A, Under-20 e le italiane che studiano nei college americani, mentre le ragazze che hanno fatto i play-off stanno riprendendo le forze». Ci sono anche molti volti conosciuti al pubblico siciliano: Fabbri, Fassina, Formica, Gorini, Spreafico, per esempio.
«Siamo vari assistenti e lo staff varia secondo gli impegni – prosegue il coach –. Anche preparatori, fisioterapisti e osteopati sono di altissimo livello e le ragazze sono seguite in tutto. Di mattina fanno lavoro individuale (con due allenatori ogni quattro atlete), poi, secondo i carichi di lavoro, si procede al lavoro tecnico e tattico. È un sistema che integra le varie componenti, mi sta piacendo molto».
Questa convocazione arriva dopo un biennio da referente tecnico territoriale (Rtt) per la Sicilia.
«In passato avevo fatto da assistente per Antonio Bocchino con la Nazionale U-16 maschile, mentre quest’anno è la seconda esperienza in Azzurro dopo quella con le Under-16. Da Rtt sovrintendo l’attività da un punto di vista tecnico e mi relaziono con il Settore tecnico nazionale, in uno scambio di informazioni (segnalazione di atlete, ricevendo indicazioni). Inoltre tengo i contatti con allenatori, società e atlete, per sviluppare un programma quanto più condiviso possibile».
Come giudica la collaborazione con le società locali?
«Ho buoni rapporti con tutti, con gli allenatori scambio informazione anche per vedere anche i metodi d’allenamento. La Sicilia ha le carte per alzare molto di più il proprio livello. I risultati ottenuti al Trofeo delle Regioni e ai Giochi delle Isole sono la conseguenza di tante componenti che hanno lavorato in sinergia, anche delle circostanze. Bisogna avere la voglia di migliorarsi, interpretando il proprio ruolo come un continuo confronto, senza prevaricare».
Come può il Centro tecnico federale (Ctf) aiutare società e atlete?
«Vediamo le ragazze una volta ogni 15 giorni e incidiamo meno rispetto alle società, ma il nostro lavoro può essere indicativo perché le ragazze si trovano in un contesto più competitivo. Noi le alleniamo per monitorarle: in questo modo, capiamo che indicazioni dare agli allenatori (come gli aspetti da migliorare), ma dialoghiamo con il contesto nazionale per segnalare le atlete per il presente e il futuro. Inoltre le ragazze possono anche essere il modo per veicolare un concetto, per “contaminare positivamente” le compagne con ciò che hanno imparato. Io stesso me ne andrò arricchito al 101% e vorrei anche trasferire ciò che è mio, le mie esperienze sul campo».
Già si pensa alla prossima stagione?
«Sì, è nostra intenzione fare un raduno per coinvolgere le 2003 e le 2004 a chiusura della stagione, dopo l’incontro a Piazza Armerina. Faremo un percorso simile all’anno scorso, quando abbiamo partecipato al Memorial Fabbri con le ragazze che saranno protagoniste da settembre. Non conosciamo le 2004 se non per il minibasket, le inizieremo a coinvolgere ora».
Quali sono le specificità del lavoro del Ctf in Sicilia?
«È ovvio che ci sono delle indicazioni generali, perché è un progetto che il Ssn sviluppa regione per regione in maniera diversa. Ma noi facciamo più di quanto chieda il Ssn, non ci poniamo il problema del numero di raduni, sintomatico dell’atteggiamento delle persone coinvolte. Lo stesso vale per le ragazze, nessuna ha cercato scuse, in più abbiamo trovato la disponibilità da parte di tutti sul territorio. C’è voglia di fare. Al TdR dell’anno scorso erano presenti Mazza, Stroscio, Casiglia e Spampinato, che sono state l’asse portante di quest’anno. In più l’aver partecipato al Fabbri, grazie all’impegno del Comitato regionale, ci ha dato un’altra occasione di crescita e confronto, è nella logica di una programmazione».
Altro fronte sui cui lavora è la Pégaso Ragusa.
«I successi della Pégaso nascono grazie a Giorgio Dimartino. Il gruppo Under-16 ha vinto tutto a livello regionale, più uno scudetto al Join the Game. Si parte dalla coincidenza della crescita a Ragusa di atleti con delle potenzialità della stessa annata, malgrado Ianelli sia andato alla Stella Azzurra. Abbiamo potenziato i singoli atleti, poi il gruppo. Quest’anno è arrivato D’Almeida: la riflessione fatta con Giorgio è stata di sostituire chi è andato via investendo su un ruolo scoperto, sotto canestro. Il ragazzo ha qualità fisiche non comuni, oltre a quelle tecniche ed è un ragazzo educato, qualcosa che non si evince da un video. Il suo arrivo dopo mesi di burocrazia ha fatto quadrare il cerchio. La Pegaso è una piccola società, ma Giorgio ha fatto tutto ciò che era possibile fare, senza perdere di vista contesto, potenzialità, possibilità».
Tutto questo si inserisce in un contesto ragusano che è in crescita.
«La Pégaso parte da uno zoccolo duro su cui si è costruito. La femminile ha la Passalacqua: fa reclutamento, è un punto di riferimento nazionale ed è normale che le ragazze si avvicinino al basket perché la prima squadra va bene. E poi c’è il virus del basket, radicato in città: ora lo si sta sviluppando al femminile. Ci sono anche l’Ad Maiora di Aldo Leggio, che fa attività con le ragusane e ottiene risultati, e la Fortitudo, che ha iniziato da poco grazie ad Ale Vicari. La morale è che se a Ragusa si lavora in modo adeguato si possono produrre atleti d’interesse e gruppi mediamente competitivi. Le condizioni per operare bene ci sono, bisogna cercare di ampliare la base, dalla quantità arriva la qualità e anche la competizione può aiutare».
Roberto Quartarone
da La Sicilia
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