L’allenatore di San Filippo del Mela raccontato da Gaetano Gebbia in un libro, attraverso l’attività di allenatore e formatore… «Uomo di alto spessore, era un inventore»…
La bibliografia cestistica legata alla Sicilia ancora non aveva visto un’opera tanto vasta, dettagliata e precisa. “La pallacanestro di Vittorio Tracuzzi”, volume firmato da Gaetano Gebbia con prefazione di Valerio Bianchini (€ 16, BasketCoach.net), è un compendio di storia dell’allenamento del basket, con schemi, esercizi, illustrazioni, allenamenti, tattiche. È anche un excursus sulla vita del primo figlio illustre della palla a spicchi isolana.
Nato a San Filippo del Mela, Vittorio Tracuzzi giocò in Nazionale, in Serie A, vinse quattro scudetti, allenò a Varese e Bologna, dispensò la sua conoscenza per tutto lo stivale. I suoi amici lo ricordano attraverso le testimonianze affidate al lavoro di Gebbia, che ne fu allievo a Ragusa e che negli ultimi dieci anni ha lavorato a questa monografia.
«Probabilmente – ricorda l’autore, oggi consulente in ambito sportivo ma pronto a tornare ad allenare – se non avessi incontrato questo “Messia” del basket il mio destino sarebbe stato diverso. Purtroppo ci si dimentica troppo facilmente di gente che ha dato moltissimo al basket: non solo di Tracuzzi, ma anche di altri grandi allenatori di cui si dovrebbe recuperare la memoria cestistica. Parlo anche di siciliani, come Massimo Mangano, Peppino Dispenzieri, Ignazio Bonanno, Elio Alberti. Tracuzzi era un inventore, uno studioso a 360º, guardava tutti gli aspetti della prestazione e del gioco».
Potrebbe essere un libro utile per i clinic?
«I suoi concetti erano elementi essenziali nell’insegnamento del gioco. Il mio obiettivo era di consegnare ai giovani tecnici un manuale. Potrebbe essere dunque utile per chi partecipa ai corsi di primo livello per la qualifica di allievo allenatore o istruttore di basket. Lo vedo come un libro di testo, da prendere in considerazione e da consigliare a chi inizia ad approcciarsi alla pallacanestro».
Come si è svolta la ricerca?
«Ho avuto tre fonti. La più corposa e la più impegnativa è la mole di appunti, documenti e fotografie che ho recuperato da casa sua, tramite la cognata. La seconda è stata recuperata attraverso quanto avevano conservato altri allenatori, trascrivendo i corsi tenuti da lui, a volte pubblicati in dispense della FIP. Infine c’è la parte che, non so nemmeno perché, da giocatore della Virtus avevo trascritto. Quell’anno in cui mi allenò, al termine degli allenamenti, riempivo pagine di quanto appreso. Il maggior problema è stato dare una struttura, considerando che sono documenti che appartengono a epoche diverse, dagli anni sessanta ai primi anni ottanta».
Qual è l’eredità che Tracuzzi ha lasciato in chi lo ha conosciuto?
«Chi ho interpellato è stato disponibile a mandarmi un ricordo e dopo l’uscita del libro ho ricevuto dei commenti commoventi, ma è inevitabile: chi ha vissuto quegli anni rivede se stesso, come mi ha confermato Achille Canna. È emerso che era un personaggio particolare, dal carattere burbero, che non le mandava a dire, ma aveva un valore umano di alto spessore che si coglie nei piccoli episodi. Ad esempio Virginio Zucchi racconta che gli promise del denaro per ogni 30 che prendeva in medicina, per spingerlo a studiare. Lidia Gorlin invece racconta che quando si ruppe il naso in allenamento lo stesso “Trac” la portò a tutta velocità all’ospedale più vicino».
E qual è invece l’impronta che ha lasciato in Sicilia?
«In Sicilia ho scoperto delle cose che non pensavo su di lui. Ha tenuto un corso nel ’64 a Ragusa e ne rimane una foto in cui era con Peppino Dispenzieri. Molto del suo tempo era dedicato a formare gli allenatori, come a Ragusa e Messina. Aveva anche giocato a Palermo, poi nel periodo in cui allenava la Nazionale femminile entrò in contatto con tanti colleghi siciliani, infine andava al Trofeo di Nicolosi, dove notò mio fratello Ninni. È vero che è al Nord che ha lasciato il segno più indelebile, perché la Sicilia non era al vertice del basket nazionale».
Quali presentazioni saranno fatte?
«Stiamo ancora prendendo accordi. Avevamo contattato la Pallacanestro Varese perché riteniamo opportuno farla là, ora aspettiamo che ci indichino la giornale. La mia speranza è di organizzarne anche a Roma, Bologna e Messina, ma dipende da tante cose. Il successo del libro sarebbe una gratificazione, ma mi interessa che si risvegli l’attenzione per questa figura e potrebbe essere un’occasione per dare uno stimolo anche al movimento regionale».
In ogni caso, il libro è una lettura piacevole anche per chi non è interessato al discorso tecnico: un modo per conoscere la storia di Vittorio Tracuzzi, “l’interprete geniale di un basket attuale”.
Roberto Quartarone
Twitter: @rojoazul86
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