La società catanese ha perso la promozione in A2 all’ultimo respiro, ma ha ottenuto ben altri successi quest’anno, al di là dei risultati sul campo: si dovrebbe ripartire da quelli per il futuro…
Domenica la prima sconfitta stagionale ha privato la Rainbow di una promozione che meritava; mesi di sacrifici non hanno avuto il premio finale, quella Serie A2 persa da Catania per il ritiro dalle scene dell’Olympia ma che stava per essere riconquistata sul campo dalle rossazzurre di Gabriella Di Piazza. Negli ultimi anni gli spareggi promozione non hanno portato bene alle catanesi: a Cosenza nel 1997, a Bari nel 2001, a Pescara nel 2013. I successi, piccoli e grandi, sono stati altri, ma difficilmente arrivati così, da serie play-off o partite secche.
Il risultato più importante, tuttavia, non sarebbe stata la promozione sul campo in Serie A2. Ok, la visibilità che dà il secondo torneo nazionale non è lontanamente paragonabile a quella della Serie C di quest’anno (e nemmeno alla Serie B degli anni scorsi). Ma vale la pena affrontare un campionato lungo e costoso dovendo riconquistare il grande pubblico? Vale la pena iniziare un’estenuante ricerca di sponsor, che non bastano mai per far quadrare i conti? Vale la pena distrarre risorse per la cura del vivaio?
Se arriverà l’A2, magari tramite ripescaggio, sono sicuro che la società interverrà costruendo una squadra competitiva, con un allenatore di grido e modificando il progetto a lungo termine. I problemi prima esposti saranno affrontati punto per punto e si interverrà. Ma, Rainbow, per favore, non fermarti a questo.
Il più grande successo di quest’anno non è stata la finale, ma l’aver riempito il PalaGalermo per i play-off e aver portato molte persone a seguire la squadra fino a Brindisi. Il successo è stato aver risvegliato l’attenzione dell’ambiente, anche attraverso il dualismo con la Lazùr (spesso polemico) che si è concluso in un video di unione d’intenti per la finale. Il successo è aver spinto molto sulla comunicazione, anche attraverso Catania al vertice. Tutti aspetti da coltivare per crescere ancora.
Non bisogna fermarsi all’ambizione legittima dell’A2 perché ora comincia la sfida più importante: tornare a coinvolgere a pieno ritmo le più giovani, ad avere almeno una squadra giovanile per ogni categoria, un settore giovanile e minibasket competitivo e che segua dalla tribuna la prima squadra a prescindere dalla serie in cui gioca. La Rainbow deve servir da traino per l’intero movimento femminile provinciale; se poi anche la Lazùr e il San Filippo Neri, le società di Acireale, Giarre, Riposto e Mascalucia riusciranno a coltivare le proprie promesse, aumenterà la competizione. Più società ci sono in giro, più possibilità c’è di crescere insieme.
Utopie? Non lo so. Da Milano, vedendo le foto di Giuseppe Lazzara e Giuseppe Maugeri (grazie a entrambi: state lasciando una memoria storica per cui molta gente vi sarà grata), ho deciso di sceglierne tre che per me devono servire da punti focali: il gruppo, in copertina; il pubblico, più su; l’entusiasmo, più giù. Il nostro basket ha bisogno di questo e su questo si potranno costruire i successi futuri. La politica dei piccoli passi può solo far bene.
Roberto Quartarone
Twitter: @rojoazul86
La photogallery di Rainbow – Intrepida di Giuseppe Lazzara
La photogallery di Rainbow – Intrepida di Giuseppe Maugeri
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