Ricostruiamo le gesta di uno dei ragazzi cresciuti da Giuseppe Palmieri: ottenne una serie di vittorie, dal campionato scolastico ai titoli di Serie C…
Per vedere la “palla al cesto”, nella primavera del 1938, i catanesi devono far la spola tra la casa della Gil e la palestra Umberto I. Nel primo campo, nel cortile dello stabile dell’ex Reclusorio della Purità, all’inizio di via Plebiscito, è nata la prima squadra cittadina, ma sempre più spesso si gioca nell’altro terreno, situato nel secondo chiostro del monastero dei Benedettini. L’8 aprile, però, tutti i curiosi e i tifosi sono accorsi alla casa della Gil per la partita decisiva del torneo interscolastico.
È chiamato “campionato provinciale per gli avanguardisti”, vi giocano tutti gli alunni di Catania tra i 17 e i 21 anni, è all’atto finale vede i ragazzi del Commerciale e quelli dell’Industriale: i primi devono ribaltare la sconfitta del girone d’andata per vincere il torneo. L’organizzazione è con i fiocchi, lo sport è propagandato bene in città, e accorre un pubblico «strabocchevole», come nota il cronista del “Popolo di Sicilia”.
Consoli e Sisto del Commerciale segnano i punti per la striminzita vittoria per 20-17, insufficiente per portare a casa il titolo. Festeggiano dunque Ventura, Salerno, Trombetta, Maccarrone, Tornabene, Romano e Di Benedetto, parte di quel «materiale atletico davvero eccellente, sul quale si può avere fiducia per le sorti future dello sport cestistico etneo», riporta il giornale. L’Industriale consegna alla storia però solo Mario Ventura, classe 1921. Su di lui, infatti, mette gli occhi Giuseppe Palmieri, arbitro dell’ultima partita del campionato studentesco e deus ex machina venuto da Bologna per insegnare lo sport ai giovani etnei.
Ventura è un difensore, figura certo diversa dal basket odierno: solo raramente fa incursioni a canestro, ma due o quattro punti li firma sempre. Placido Aricò, che sarebbe diventato presidente della federbasket etnea, lo inquadrava come mobile e tenace, dall’emotività ammirevole e capace di fare la spola tra attacco e difesa instancabilmente. A volte peccava nel non marcare l’avversario abbastanza stretto, cosa che non gli ha impedito di entrare nella formazione catanese che partecipa ai Ludi Juveniles, una sorta di Olimpiadi italiane di cultura e sport dedicate agli studenti delle superiori.
Da quel gruppo, Palmieri pesca i migliori e li manda, in autunno, a disputare la vittoriosa finale di Seconda Divisione contro Mazara. Ci sono Ventura e Consoli; entrambi, ancora 17enni, sono però seconde linee nella Gioventù Italiana del Littorio (Gil) ammessa al girone XV di Prima Divisione. Mangano, Penso, Naselli, Paterna e capitan Guarneri s’impongono come titolari e portano alla vittoria del girone. A ottobre la Gil Catania disputa un incontro di qualificazione contro la Gil Firenze: va male, ma a Ventura è concesso molto più spazio e lui ripaga segnando quattro punti in Toscana.
Ancora in Prima Divisione, Ventura diventa un baluardo difensivo insieme a Gigi Mineo. In squadra arrivano anche Gigi Marletta e Fragalà e il campionato è nuovamente vinto dai ragazzi catanesi. Le avversarie sono tutte superate senza sudare: Enna, Caltanissetta e Agrigento si dimostrano inferiori e le qualità della Gil etnea nel gioco di squadra e al tiro sono lodate dai cronisti.
Nel 1940, dopo l’inizio della guerra anche per l’Italia, Ventura viene scelto dal Gruppo universitario fascista per giocare in Serie B. Al suo fianco ci sono Mangano, Naselli, Consoli, Marletta; soprattutto il primo è un grande amico di Mario, anche fuori dai polverosi campi di pallacanestro. Il 29 dicembre sono tutti in campo all’esordio, contro Agrigento: è la prima vittoria della storia in Serie B e Ventura va a referto con due punti.
Il campionato però perde d’importanza: la guerra e i bombardamenti proseguono, Ventura è chiamato dall’esercito e parte per i Balcani. Da lì rientra due anni dopo, nel 1943. È a Palermo e, dopo lo sbarco degli Alleati e lo scioglimento dell’esercito, deve tornare a casa a piedi o in mezzi di fortuna. Arrivato in via Teatro Massimo, trova la casa distrutta da un bombardamento: la famiglia è sfollata a Trappeto e dopo una lunga ricerca si ricongiunge con i genitori e i fratelli.
Nel 1944 la Sicilia è già liberata e si riprende a giocare in tornei locali di scarsa importanza. C’è una nuova squadra, il Giglio Bianco di Gianni Naso: Ventura ne è la stella in difesa, insieme all’ex compagno di scuola Salerno, mentre Averna e Lajacona reggono l’attacco. La vittoria del torneo catanese sfugge all’ultimo contro la Virtus di Angelo Vasta; l’anno dopo la formazione si rinforza con Carmelo Mangano e Lo Presti, ma alle finali regionali vanno Catanese e CSI. Ventura, intanto, si sposa con Maria Carbone: nel volgere di pochi anni diventerà padre di tre figli.
A ottobre 1945, in un’amichevole contro l’Ogninese i migliori etnei si consorziano per la prima volta in una formazione mista. Scomparse le squadrette, quasi tutti sono passati al Giglio Bianco e così il campionato provinciale, al terzo tentativo, è vinto. Il presidente Naso a quel punto chiede di organizzare il torneo regionale: al Cinema Giardino, l’odierno Metropolitan, si affrontano Agrigento, Trapani e Palermo. La contestatissima sfida contro il quintetto del capoluogo regionale si conclude nel caos e un ricorso porta all’ammissione di entrambe alle semifinali meridionali.
Alla volta di Napoli partono in otto: Naselli, Lo Presti, Lajacona, i due Mangano, Fragalà, Mineo e Ventura, più Marletta che intanto s’era trasferito a Taranto. La difesa è onorevole, l’attacco segna più punti del solito, ma non basta contro Vomero Napoli e D’Alessandro Teramo: Catania si ferma lì nella sua unica esperienza nella massima serie.
Mario Ventura è autore di tre punti. Nella foto di rito, guarda il cielo sorridendo, ha i capelli imbrillantinati e sorride: la guerra è già dimenticata. Già lavora al Consorzio agrario provinciale, sta per vincere il concorso per lavorare in ferrovia, ma ancora può dare una mano a far rinascere il basket in città e a instradare le nuove leve. Prima della guerra era diventato allenatore, vincendo con il Cutelli femminile i Ludi Iuveniles del 1940, ma non intraprese mai seriamente quella strada. Si appassionò invece all’arbitraggio che proseguì anche negli anni cinquanta.
Nel 1948, con il blocco storico, è nella prima formazione del CUS che vince il campionato siciliano. L’anno dopo, in Serie C, arriva un’altra vittoria, con Ventura che segna otto punti nello scontro diretto contro i Ferrovieri di Messina, una rarità viste le sue doti prevalentemente difensive. L’impegno diventa part time con la Società Sportiva, progetto ambizioso che riporta in campo sempre le “vecchie” glorie plasmate da Palmieri. In maglia azzurra arriva un’altra vittoria, l’ennesima: il girone di Serie C è una passeggiata, si arriva fino al secondo turno degli spareggi per la Serie B contro Taranto. Poi tutto finisce e anche il ciclo aperto poco più di dieci anni prima si chiude.
A 30 anni, Ventura lascia la squadra e prosegue solo ad arbitrare per qualche anno. Dal lavoro in ferrovia, nel 1967, si congeda andando in pensione. Si dedica allora alla professione di rappresentante, aprendo nel 1974 l’ottica che proprio oggi fa 40 anni e che è gestita dal nipote omonimo, figlio di Giovanni. Dal basket si allontana, ma le amicizie dell’adolescenza rimangono solide e anche con altri protagonisti dello sport locale. Otto anni fa se n’è andato, portando con sé un importante pezzo di storia.
Roberto Quartarone
Twitter: @rojoazul86
Sono il fratello di Mario e i miei occhi si sono bagnati di lacrime vedendo l’immagine del mio caro fratello,oltre che figlioccio di battesimo,e leggendo tutte le gesta del mio caro.Oggi ho 86 anni e la mia mente ha ripercorso tutti i momenti di gloria del mio congiunto.Allora avevo circa 10 anni e ammiravo la gran voglia e l’entusiasmo col quale Mario si impegnava a giocare le sue partite.Quanti ricordi!!Grazie per avermi fatto rivivere quei momenti bellissimi.