Capo d’Orlando (Me), 16 set. – L’Upea termina la prima edizione del “Memorial Basciano” nella terza posizione, ma al di là risultato, del tutto irrilevante, il torneo trapanese ha dato conferma della bontà dell’organico paladino e del lavoro dello staff tecnico.
E’ sembrata già buona la chimica di squadra, gli americani hanno fatto in fretta ad ambientarsi e a diventare parte integrante del gruppo e il quadrangolare è stato anche un’occasione utile per l’allenatore per sperimentare rotazioni e schemi di gioco. Sono state due gare amichevoli, inoltre, in cui la gente si è divertita e ha partecipato, segnale anche questo dell’ottimo gioco espresso.
«Se tiriamo le somme a Memorial finito, è stato per noi un torneo estremamente positivo – ha detto Coach Pozzecco alla fine della premiazione per il terzo posto – ho avuto dalla squadra alcuni segnali positivi e altri un po’ meno, ma era ovvio andasse così. Sono molto contento di alcune cose e meno di altre, ma ripeto è stata un’ottima prova per noi. Siamo stati anche bene insieme e questo è sempre molto importante per un gruppo. Dobbiamo però lavorare ancora su qualche aspetto».
Il bilancio è stato di una gara vinta e una persa, ma in questo momento della stagione è davvero l’ultima cosa che conta: «Sabato siamo andati bene, abbiamo tenuto testa a Barcellona. Oggi forse eravamo un po’ meno lucidi, Agrigento poi è davvero uno squadra rognosa da affrontare». Nelle due gare anche gli under paladini hanno dato la sensazione di poter dare il proprio contributo nella stagione: «A noi mancava Basile nelle rotazioni, ma non abbiamo sofferto perché chi è entrato sul parquet ha cercato di fare bene. Parlo dei giovani, di Laquintana, di Ciribeni e di Cefarelli. Sono contento del loro atteggiamento e di quello che stanno dando i ragazzi».
Una giornata positiva, dunque, per il Poz che nel giorno del suo compleanno ha ricevuto l’ennesimo attestato di stima dalla gente negli spalti: «Fa sempre piacere ricevere affetto. Anche i piccoli gesti, come un sorriso di un bambino possono darti tanto. Non si ha mai la pancia piena di queste cose. Perché? Non lo so, io credo che la gente mi riconosca il fatto che amo follemente questo sport e che ho sempre giocato per la maglia e con il cuore. A me piace pensarla così».
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