La Fip ricorda la sua storia con un logo celebrativo per i suoi novant’ anni… Dalla Milano del 1921 alla Roma dei nostri giorni, per <<emozionarsi ancora con la pallacanestro>>…
In principio fu la FIB, Federazione Italiana Basketball. Nacque a Milano la sera del 2 novembre 1921, quando l’inverno climatico – se non ancora quello astronomico – aveva già fatto la sua comparsa. Ci si riunì nel chiuso della Birreria Colombo, dove per scaldarsi bastava la semplice consumazione, tutti d’accordo nel dare al giuoco della palla al cesto la dignità e l’autonomia che ormai gli spettavano. Regolamento, statuto, organizzazione di campionati, corsi di istruzione per giocatori e arbitri: su quel tavolo imbandito di boccali, ci fu spazio e tempo per mettere tutto nero su bianco. A sancire l’atto di costituzione – forse – bastò solo un brindisi più solenne degli altri.
Novanta anni da allora. La FIB è diventata FIP, passando attraverso un intermezzo di FIPAC (Federazione Italiana della Palla al Cesto) nel periodo in cui persino un termine intraducibile come «cocktail» doveva essere italianizzato in «bevanda arlecchino»… Nove decenni di storia, vissuti tra alterne vicende, assorbendo gli umori di ogni epoca: il coraggio del primo dopoguerra, l’esaltazione del regime fascista, lo smarrimento del secondo conflitto mondiale, la voglia di definitiva rinascita (e nel caso specifico, sappiamo quanta influenza ebbe lo sbarco degli americani!). Poi crescita ed evoluzione continue, fino a questo traguardo dei 90 anni, che offre alla Federazione Italiana Pallacanestro – oggi viva più che mai – l’occasione di guardare con orgoglio al suo passato e di festeggiare l’anniversario.
Quando Milano ospitò quella riunione, la palla al cesto faceva ancora parte delle discipline gestite dalla Federazione Ginnastica. Un patrocinio necessario per muovere i primi passi, ma dal quale bisognava a un certo punto svincolarsi se si voleva dare piena visibilità al nuovo gioco di squadra. Furono i rappresentanti di alcune società a prendere l’iniziativa, soprattutto quelle del capoluogo lombardo: tornei improvvisati o semplici sfide non bastavano più, era giunto il momento di affidarsi a una attività ufficiale e a norme ben precise. La sera del 2 novembre, come detto, si discusse e si approvò tutto, o quasi; restò solo da eleggere il primo consiglio direttivo, e per questo ci si diede appuntamento (stesso posto, stessa ora) al successivo 21 dicembre.
La Birreria Colombo non era un locale come tanti. L’eleganza degli interni, con arredamenti e decorazioni floreali in puro stile liberty, ne avevano fatto uno dei ritrovi più frequentati di Milano fin dai primi anni del secolo; strategica la sua posizione, nella centralissima Via Ugo Foscolo, tra il Duomo e la Scala, monumenti-simbolo. Colombo era il cognome dei proprietari, una autentica dinastia, gestori fin dai tempi in cui l’intestazione dell’esercizio era Spatenbrau, proprio quella della famosa birra bavarese. Si andava lì per bere, ovviamente, ma era solo una prelibata occasione per stare in compagna, discutere, litigare se era il caso. Politica e cultura al centro dei dibattiti, poi sempre più spazio allo sport, man mano che cresceva il numero degli appassionati. Prima ancora che vi entrassero gli adepti del basket, la Birreria era stata – e continuava a esserlo – la sede ufficiale del Milan Football Club.
Tra la prima e la seconda convocazione ci fu spazio per la disputa di un torneo, che vide iscritte cinque squadre milanesi. I loro nomi suonavano così: U.S.M.A.S.S.I., Juvenilia, Costanza, Veloce Club, F.C. Internazionale. L’inizio fu fissato per l’8 novembre, ogni martedì sera due partite, nel Salone del Veloce Club. Era sul campo che bisognava cominciare a confrontarsi e uniformare indirizzi fino allora diversi tra loro. Una sorta di rodaggio per ritrovarsi poi con le idee più chiare all’incontro successivo del 21 dicembre, registrato negli annali come prima assemblea generale della federazione. Nell’occasione furono dieci le società rappresentate; a parte quelli già citati, altri nomi dal profumo antico: Sempre Uniti, Ricreatori Laici, Officine Marelli, Unione Sportiva Milanese, Forza e Coraggio. Si restava ancora nella ristretta cerchia meneghina, ma era un terreno fertile, sicuramente più degli altri nei quali il seme del basket era stato gettato, come a Roma, Firenze, Venezia, Trieste.
Due personaggi su tutti diedero un’impronta decisa a quegli esordi: Arrigo e Marco Muggiani. Avevano partecipato, nel 1919, a due eventi considerati la prima vetrina del basket maschile nazionale, in Italia e all’estero. Dapprima la sfida all’Arena di Milano tra le squadre militari degli Automobilisti di Monza (loro due erano tra questi) e degli Aviatori della Malpensa; poi gli incontri della rappresentativa italiana (automobilisti e aviatori insieme) ai Giochi Militari Interalleati di Joinville-Le-Pont, in Francia. Pionieri a pieno titolo, dunque, ma anche animatori dotati di un certo carisma, visto il ruolo che si trovarono poi a ricoprire. Arrigo venne eletto presidente della FIB, titolo che mantenne fino al 1925, dopo avere diretto il Comitato Permanente che aveva deciso la scissione dalla Federginnastica. A Marco, invece, venne affidata la carica di segretario, con in più l’onore – o forse si trattò solo di pura convenienza – di ospitare nella sua casa milanese, in Via Disciplini, la prima sede della neonata federazione.
Le scarpette le tennero ancora ai piedi dopo essere stati investiti di quegli incarichi dirigenziali, ma con l’entusiasmo e la genuinità di allora – evidentemente – nessuna mente era sfiorata dal sospetto di un conflitto di interessi. Nemmeno quando i Muggiani guidarono la formazione (Arrigo in veste di capitano) che si aggiudicò lo scudetto del ’23, secondo campionato sotto l’egida della federazione. La loro squadra era la F.C. Internazionale, sezione della società dai colori nerazzurri ben più famosa nel calcio. Marco avrebbe poi trovato altri riconoscimenti lungo la sua strada: divenne il primo commissario tecnico della Nazionale, che guidò nel 1926 allo storico, e vittorioso, debutto contro la Francia.
A diventare protagonisti – in quei tempi – non ci voleva poi tanto. Il basket era talmente uno sport per pochi eletti (o stravaganti, fate voi) che per emergere bastava praticamente esserci. Il fatto è che anche l’interesse che vi ruotava intorno era scarso, e quindi tutto assumeva una dimensione modesta. Calcio e ciclismo monopolizzavano la passione sportiva, per le altre discipline ci si doveva accontentare di quel poco che restava. Tanto per averne un’idea, lo spazio che la Gazzetta dello Sport dedicò alla prima assemblea della FIB, nella edizione del 22 dicembre, era niente più che un piccolo trafiletto confuso tra i tanti, anche se poi il contenuto sembrava contraddire quella limitata attenzione giornalistica: «I numerosi convenuti, la serietà e l’animazione delle discussioni, la importanza delle decisioni prese dimostrano ampiamente come il giuoco della palla al cesto debba quind’innanzi essere considerato qualche cosa di più importante – nell’ambiente sportivo italiano – di quello che non lo sia stato, ed ingiustamente, fino ad oggi».
Divenne importante, sì; ma per guadagnare qualche colonna in più nei titoli dei giornali, ci fu da sgomitare parecchio. L’inizio della attività federale, peraltro, fu un po’ in sordina, anche perché la Federginnastica, noncurante di quella «ribellione», continuò a organizzare i propri tornei di palla al cesto: qui addirittura si potevano ritrovare gli stessi giocatori delle società milanesi (il doppio tesseramento era consentito), oltre a rappresentanti di altre parti d’Italia (come la Reale Guardia di Finanza di Roma, che primeggiava spesso). Si andò avanti così – diciamo pure confusamente – per un po’ di tempo, ma alla fine fu la FIB a imporsi. Dal primo campionato ufficiale (quello del ’22, vinto dall’A.S.S.I. Milano) ci fu un progressivo allargamento geografico che coinvolse prima la Lombardia (Pavia, Como) e poi via via le altre regioni: nel ’25, figuravano già Ymca Torino, Pro Roma, Goliardica Napoli. A un certo punto si interruppe anche la serie vittoriosa delle milanesi: dopo i sei scudetti consecutivi dell’ASSI, intramezzato da quello dell’Internazionale di cui si è detto, arrivarono i titoli di Ginnastica Roma e Ginnastica Triestina, che si alternarono nelle successive otto stagioni.
La vera svolta, comunque, si registrò nel ’26, quando la FIB si trasferì nella capitale, acquisendo quella centralità che richiedeva la diffusione della nuova disciplina, oltre che il nuovo contesto politico. Se Benito Mussolini, nel ’22, aveva guidato la marcia su Roma per rivendicare la guida del governo, era ormai giunta l’ora in cui anche la Federazione del basketball (che proprio allora divenne FIPAC, Federazione Italiana Palla al Cesto) marciasse nella stessa direzione. L’abbandono di Arrigo Muggiani, trasferitosi negli Stati Uniti, facilitò il cambiamento: al suo posto venne chiamato il Generale Ferdinando Negrini, la nuova sede fu il poligono militare della Cecchignola, ed è facile immaginare quale impostazione propagandistica si volle dare. Col sostegno del regime fascista ci fu, in effetti, una vera accelerazione, fino a quando lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale soffocò ogni entusiasmo.
Nel frattempo, era già avvenuto il secondo – e finora definitivo – cambio di sigla, col passaggio alla FIP (Federazione Italiana Pallacanestro), preceduto da una diversa interpretazione dell’acronimo FIPAC (Federazione Italiana Palla al Canestro): siamo tra il ’29 e il ’30, e da lì a poco si sarebbe compiuto anche l’ultimo atto di indipendenza dalla Federazione Ginnastica Italiana, che aveva mantenuto ancora un certo controllo gestionale.
Così recita il libro della genesi cestistica. Tutto era cominciato là, alla Birreria Colombo di Milano, il 2 novembre del 1921… Novanta anni rappresentano già un bel traguardo, che la FIP ha deciso di celebrare con una serie di iniziative promozionali, puntando su uno slogan ancora puro e genuino come lo era lo spirito di allora: «emozionarsi con la pallacanestro». Per l’attuale presidente Dino Meneghin, che in fatto di immagine si è finora sempre impegnato in prima persona, l’occasione è di quelle da non lasciarsi sfuggire; magari sfruttandola una stagione intera, più che un solo giorno. Un logo commemorativo (con le date 1921 e 2011 sovrapposte l’una all’altra in maniera da fare risaltare la combinazione del 90) accompagnerà tutte le comunicazioni ufficiali della Federazione nell’anno in corso, utilizzando tre diverse versioni (sfondo bianco, nero o azzurro) per le varie esigenze grafiche di comunicazione.
Un’immagine che ci ritroveremo a lungo davanti agli occhi. Tanto che nessuno potrà dire di non essere stato avvisato!
Nunzio Spina
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