L’annuncio sui social network… Le supposizioni sul profilo di Facebook… Yao Ming e Ye Li non hanno ceduto alle lusinghe… Il mistero attorno alla piccola…
MISTERI. Yao Ming con la maglia della Nazionale cinese; c’è un alone di mistero attorno alla nascita della figlia [M. Vu, cc-by-sa 3.0]. |
Davvero irriducibili questi cinesi! Incassano il colpo e subito rilanciano. La figlia primogenita di Yao Ming nasce negli USA, come non volevano che accadesse. Il colpo è duro ma non si danno per vinti. Tra congratulazioni ai genitori e liete profezie sul futuro cestistico della neonata, il profilo Facebook del gigante NBA dei Rockets è disseminato anche da supposizioni (con marchio di provenienza orientale) su un possibile cambio di nazionalità. Fino al conseguimento della maggiore età – la legge pare lo permetta e ci sono precedenti in tal senso – l’erede di Ming potrebbe diventare a tutti gli effetti una cittadina della Repubblica Popolare della Cina: un auspicio che suona come un avvertimento, un caso tutt’altro che risolto.
Era venuta al mondo in anticipo rispetto ai tempi previsti, come a volere sottrarsi fin dalla nascita alle opprimenti attenzioni che su di lei si erano concentrate da tempo. Mamma Ye Li (un passato remoto da cestista, un passato prossimo da modella) l’aveva messa alla luce all’alba del 21 maggio scorso, in un ospedale di Houston, la città dei Rockets: il conseguente annuncio – fatto da papà Yao in persona – aveva così l’effetto di cogliere tutti in contropiede. «Felici di annunciare l’arrivo di nostra figlia. Questo è un momento davvero speciale della nostra vita. Ringraziamo tutti per la gentilezza e il sostegno». Poche parole, nessun particolare: come dire, questo è il poco che spetta all’opinione pubblica, il resto appartiene solo alla mia famiglia.
I cinesi – non vogliamo dire tutti, ma una parte di loro sicuramente – non devono esserci rimasti proprio bene. Intanto è piombata la certezza che la coppia non aveva ceduto alle lusinghe (per non dire minacce) di far nascere la piccola a Shanghai, come un certo nazionalismo avrebbe preteso; poi addirittura lo smacco di avere utilizzato i canali di Facebook e di Twitter, sistemi informatici decisamente vietati dal governo di Pechino, per quello scarno messaggio di Yao Ming diramato al mondo intero. Eppure, come detto, c’è chi ancora non si è rassegnato… Del resto, se la Cina è arrivata a essere la potenza economica che è, se si è messa in testa di contendere agli stessi Stati Uniti il primato mondiale, lo si deve in gran parte alla tenacia della sua gente: abituata a subire, a stringere i denti e a contrattaccare.
La bimba, per il momento, è ancora protetta da una spessa coltre di riserbo. A mala pena si è riusciti a sapere che alla nascita pesava 3,6 kg; nessun dato sulla sua lunghezza, col quale magari qualcuno avrebbe potuto già sbilanciarsi in un calcolo proiettivo. Sconosciuto anche il nome, peraltro già deciso dai genitori con un mese di anticipo (ci manca solo che abbiano voluto chiamarla Hillary, o Michelle…). Questione di privacy. Che prima o poi – inevitabilmente – sarà violata. A quel punto, si spera solo che tutto rimanga dentro i confini di un semplice gossip, se non si vuole proprio farne un intrigo internazionale!
N. S.
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