Al palazzetto di via Zurria, l’ex mattatoio comunale, si sta giocando una gara di pallacanestro tra due delle tante squadre che si allenano in quest’impianto. Il pallone arriva all’ala sinistra, che si blocca immediatamente. Anche gli altri atleti che gli sono vicino si fermano. «Che puzza!» Gli arbitri fischiano e subito i pochi spettatori vengono raggiunti dal tanfo proveniente da un angolo del campo. Tutti si prodigano per aprire i finestroni e dopo un po’ si può riprendere l’incontro. Intanto, un paio di giocatori alzano a forza dei ragazzini e li buttano fuori: ancora una volta, i bambini del quartiere hanno deciso di vendicarsi dell’usurpazione del palazzetto da parte degli “stranieri”, lanciando una fialetta puzzolente nel campo. E non è una scena rara.
FUNZIONALE. Il PalaZurria visto dalla tribunetta: il campo tra i migliori della città [EnergyCt]. |
Il PalaZurria è aperto ormai da qualche anno. «Quando abbiamo iniziato ad allenarci qui con la mia squadra, nel 2003 – racconta Francesco, giocatore di basket – il parquet era perfetto, la tribunetta molto pulita, la pittura era fresca e si scivolava come su un campo da hockey. C’era più manutenzione e sin dall’ingresso si evitava di sporcare. Era intrigante.» Da circa cinque anni, è presente anche un’attrezzatura per il cronometraggio delle partite di vari sport (dalla pallacanestro alla pallamano) che molti definiscono «da Serie A.»
24 secondi difficili. Peccato che spesso queste attrezzature facciano cilecca. In tanti danno la colpa ancora una volta ai ragazzini che si aggirano per l’impianto. Non è difficile incontrarli, nei momenti in cui nessuno si allena, mentre giocano a calcio in un palazzetto che per il calcio non è. Con tutti i danni conseguenti per le apparecchiature, che vengono ulteriormente danneggiate ogni volta che ricevono una pallonata.
«Non è solo questo – dice Angelo Romano, addetto dell’impianto –. Le attrezzature hanno problemi elettrici: mentre la consolle funziona, probabilmente c’è un cavo rotto che non siamo riusciti a cambiare. In più, alcuni neon sono spenti perché, una volta inefficienti, nessuno li ha mai cambiati.»
SPENTO. Il tabellone e uno schermo dei 24”: quando funzionano, leggere punteggio e cronometro un’impresa [Basket Catanese]. |
Intanto, però, c’è chi deve lavorare con questi apparecchi. Marzia Monforte è un’ufficiale di campo, cioè un arbitro al tavolo di pallacanestro. Tra le sue mansioni, c’è anche quella di gestire l’apparecchio dei 24 secondi (entro i quali si deve tirare per conservare il possesso di palla). «Sono costretta a fare il mio lavoro con le palette e la cipolla, manualmente. È difficilissimo, soprattutto nelle situazioni limite, quando si finisce sempre per discutere con gli allenatori. Il Mens Sana Mascalucia si è preso la briga di sistemare i cavetti danneggiati, perché è solo un fattore di cavi elettrici, ma dopo due giorni erano punto e a capo.»
«È esatto – ci conferma Andrea Gangemi, dirigente del Mens Sana. – Sono stato io stesso ad effettuare l’acquisto dei due morsetti e la riparazione dei cavetti per la trasmissione del segnale dalla consolle alla piastra sul muro; ho anche ripristinato le due piastre di collegamento messe sul muro dietro i canestri. Ma la vita di queste riparazioni è stata di una settimana. Ho anche abbassato i due canestri per vedere di poter sistemare i tabelloni dei 24 secondi, ma è stato inutile: oltretutto… non è il mio mestiere. Infine, abbiamo provveduto a far controllare la consolle da personale specializzato ma quest’ultima è perfettamente funzionante.»
Qual è il vero problema, allora? «I cavetti e i morsetti sono antidiluviani e oltretutto per niente adatti ad essere montati e smontati continuamente in maniera non molto accurata. Quei cavi servono (se non erro) per i collegamenti degli strumenti musicali o di altoparlanti, ma ovviamente non sono adatti ad essere impiegati in una palestra comunale.»
INTERDETTO. Chi si avvicina alle porte, rimane interdetto non trovando le maniglie [Basket Catanese]. |
E le maniglie? Torniamo a Francesco. «Sembra poco, ma fino a poco tempo fa chi veniva ad allenarsi aveva tre ingressi da cui passare. Oggi, dobbiamo fare il giro del palazzetto e a volte siamo costretti a passare dalla piscina.» Agli altri ingressi, è successo un fatto strano: sono scomparse le maniglie. Nelle tre porte di legno, le maniglie sono state sostituite da lucchetti, che possono essere aperti solo dagli addetti provvisti di chiavi. È ovvio che questa misura si è resa necessaria per evitare che i ragazzini entrino e continuino a giocare senza permesso, causando i soliti danni.
«Due mesi fa – continua il signor Romano –, abbiamo dovuto mettere gli occhielli e i catenacci alle porte perché non sapevamo come comportarci. Con il Mens Sana, abbiamo comprato il necessario di tasca nostra, ci siamo messi a lavorare e pensavamo di aver risolto il problema. Macchè. Saltano dalle finestre, rompono le porte, rubano i catenacci e staccano gli occhielli. Tempo fa, li buttavamo fuori. Poi però loro ci fanno i dispetti, ci fanno trovare tutto a soqquadro. Abbiamo anche provato a parlare con i genitori, con cui però non si può dialogare.»
«Ho persino trovato sul tavolo un frustino da calessini – aggiunge Andrea Gangemi – e so per certo che le “invasioni barbariche” vengono effettuate anche con le bici, sul parquet. I ragazzini hanno sicuramente diritto alle loro attività ludiche ma non certo lì dentro ed a quel modo.»
Intanto, però, sono le squadre a subire i disagi. «Noi, comunque, siamo sempre disponibili ad aprire quando ci viene richiesto» dice l’addetto. Capita spesso, però, che le porte siano già aperte quando si arriva, spalancate dai bambini che si fanno beffa di tutti e continuano ad intrufolarsi. Facendo ovviamente andare su tutte le furie chi si trova costretto a dover litigare con loro per farli uscire.
Mal di mare. Viene naturale chiedersi a chi ci si deve rivolgere perché le apparecchiature vengano sostituite o comunque adeguate al loro effettivo utilizzo. La Federazione Italiana Pallacanestro, tramite Maria Grazia Borzì, istruttrice provinciale degli ufficiali di campo, comunica che «non può fare nulla: gli impianti sono comunali, quindi sono le società che devono rivolgersi direttamente all’assessorato per tutti i disservizi.»
Il comune? Il signor Romano si è mosso: «Abbiamo fatto la richiesta per sistemare tutto, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.» Ma anche Marzia Monforte si è informata: «All’assessorato allo sport mi hanno detto che facendo un semplice reclamo via fax avrebbero ascoltato la richiesta. L’impiegato ha però aggiunto: “Si ricordi che il comune di Catania naviga in alto mare, non le garantisco nulla”.»
Sul fronte infrastrutture, invece, qualcosa sembra essersi messo in moto. «Prima di Pasqua – continua Angelo Romano – un architetto del comune ci ha promesso che verrà un fabbro e chiuderà le porte di legno, mettendo delle porte di ferro. Avremmo bisogno anche di un servizio d’ordine, magari condotto dai vigili urbani, ma al momento non ci sono uomini da impiegare qui.»
Il dirigente del Mens Sana elogia l’operato degli addetti: «Il personale comunale ha collaborato fattivamente, e li ringraziamo per questo. Ma da parte del comune vi è stata ugualmente poca cura per la manutenzione di questo impianto, almeno per quanto riguarda la palestra.» Ed è anche sulla loro stessa linea d’onda per le soluzioni prospettate: «Le porte in ferro potranno servire ma se fatte tutte e tre con criterio ed affiancando per qualche periodo uno o più vigili urbani a vigilanza dell’impianto.»
DEVASTATO. Un muro dello spogliatoio, distrutto nel corso degli anni [Basket Catanese]. |
Gioventù bruciata. E loro che dicono? «Noi entriamo quando vogliamo, abbiamo tutte le chiavi» dice un dodicenne, magrolino, con l’aria di chi comanda. «Tutti i giorni giochiamo a pallone qui.» Un altro, più in carne, spiega meglio il rapporto con gli addetti: «Non ce la fanno più con noi, per questo hanno tolto le maniglie. Però se gli diciamo che giochiamo a basket c’è qualcuno che ci fa entrare.» Se poi usino le mani o i piedi per controllare il pallone è un’altra storia. Ma non avete dove andare a giocare a calcio? «Ci hanno detto che presto faranno un campo qui vicino, proprio perché noi ni puttamu a testa.»
Prendersela con i bambini del quartiere, però, sarebbe un po’ come guardare il dito quando qualcuno ti indica la luna. Claudio Alonzo, che è presidente di una delle società che usufruiscono del palazzetto, spiega: «Le strutture sportive delle zone più povere e degradate della città dovrebbero essere riservate ai ragazzi di quei quartieri. Noi società occupiamo tutti gli spazi, senza lasciarne per loro. Certe volte mi sembra che siamo noi gli usurpatori. I ragazzi di San Cristoforo hanno i loro diritti, che vengono negati loro: bisognerebbe riservare delle ore appositamente per chi vive qui. È un ennesimo torto contro questi ragazzi che già hanno poco.»
C’è comunque chi cerca di restituire a questi bambini lo spazio che meritano. È il caso della Fortitudo Catania, le cui giovanili sono gestite da Marco Pappalardo. Il giovane tecnico è riuscito a formare una squadra di soli ragazzi del quartiere e, malgrado i consueti problemi, continua a farli allenare perché abbiano la possibilità di passare il proprio tempo svolgendo un’attività positiva e costruttiva. Sperando che, una volta adulti, loro stessi si impegnino perché i ragazzi del quartiere abbiano i loro spazi e li occupino in maniera più responsabile.
Roberto Quartarone
Perch il nostro comune non controlla le strutture che gi esistono? Perch non ci aiuta a migliorare Catania? Non mi riferisco a nessun partito politico ma a tutti coloro che VOGLIONO IL BENE DI QUESTA MERAVIGLIOSA CITTA’.
Interessante questo articolo! Complimenti!
Salvatore, inutile porsi sempre le stesse domande, chi che controlla qui? Nessuno, siamo allo sbando, tutta catania allo sbando.
Leggevo del servizio d’ordine, ma di chi, dei vigili urbani?
A stento li troviamo sulle strade cittadine e vuoi che vengano in una palestra???
Qui la certezza una sola: non cambier mai nulla in questa citt, anzi andremo sempre pi a peggiorare!